Post-punk, sintetizzatori, malinconia new wave. Giocano a dadi con i suoni i Korine e i numeri che pescano son sempre quelli giusti (del resto, fanno parte di una scuderia fotonica come la Born Losers Records). Come nel caso dell’ultimo album del duo di Philadelphia, “A Flame In The Dark”, una carrellata di brani – otto per l’esattezza – in cui i Nostri si muovono su delle coordinate gustose che lasciano poco spazio agli inni cupi (ma glitterati) del passato, affacciandosi, invece, verso territori synth-pop dalle consuete sfumature dark. In parole povere, ci troviamo al cospetto di un disco che scorre via con estrema leggerezza, pennellando l’aria di tormentoni catchy  e di linee di basso pulsanti che rappresentano – da sempre – uno dei marchi di fabbrica più riconoscibili di Morgy Ramone e Trey Frey (i Korine, per l’appunto).

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E allora tanto vale perdersi tra i bassi post-punk e il synth incisivo di “Blue Star” (per chi scrive, uno dei pezzi migliori del lotto) o tra le pieghe – quasi cinematografiche (John Hughes, sempre lui) – di una traccia too eighties come la splendida “The Line”, vero e proprio punto topico dell’opera in questione. Va da sé, naturalmente, che anche un brano a tine spumeggianti come “Anhedonia” potrebbe smuovere qualcosina in chi ascolta, ma nel contesto della varietà e della forma del disco, la sua programmazione ritmica veloce e la melodia cantilenante non riescono ad elevare la suddetta traccia come i pezzi circostanti. E cosa dire dell’incedere incalzante di quel piccolo gioiellino pop che risponde al nome di “No Turning Back”? Miele musicale, poco da aggiungere.

“Pay The Price” e “In Your Eyes” vanno a concludere – come meglio non si potrebbe – un album che conferma tutto il talento atavico della formazione americana. Provando a tirare un po’ le somme, dunque, potremmo definire “A Flame In The Dark” come l’ottima riconferma di un duo che spruzza creatività da ogni nota e che possiede un immaginario così evocativo da sembrare – a volte – quasi fuori contesto. In soldoni, si tratta di un disco che ci ha convinto abbastanza e che si spinge ben oltre la sufficienza, ma a cui manca un po’ di omogeneità complessiva per spiccare definitivamente il volo e per farlo spiccare ai due musicisti di Philly.