Alexander Sokolow e la sua truppa tornano, gustosi come sempre, con un disco che, questa volta parla di “amore, casa e cani“, come dice la pagina Bandcamp dei ragazzi.

Ancora una volta il nostro Sox accende i suoi riflettori, arguti e ironici, sul vivere moderno, sulle relazioni umane e, perché no, pure sul rapporto con i propri cani (“Rufus”). Le piccole grandi battaglie della vita come l’affitto, i conti da pagare o la possibilità o meno di andare in vacanza, ma anche il sentirsi in un certo modo con gli altri, per cercare di piacere o di essere omologati: sotto la lente d’ingrandimento della band ci siamo un po’ tutti noi (anche se non abitiamo a Londra), con la nostra vita agrodolce fatta di gioie, ansie, dolori e mancanza di sonno.

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Per musicare il tutto la band fa ancora una volta al suo gusto folk-barocco, ricco di arrangiamenti d’archi che infondono tanto vivacità quanto tenerezza e malinconia. La band non alza i toni ritmici, si muove spesso su mid-tempo che vengono impreziositi da piano (“Cheeks”), violini dal sapore country-americana (“Nicky” o “Thank God”) e con quelle classiche melodie ariose che quando vengono cantati a più voci fanno sempre il loro dannato effetto (la title track, “Pest Control” o la già citata “Thank God”). Alcune canzoni hanno un minutaggio decisamente ridotto, come se fossero piccoli bozzetti di brani e, in effetti, contando che il disco è stato registrato in una settimana, la cosa ci può anche stare: “The Bahamas” che chiude l’album pare quasi una jam in libertà, ad esempio.

Piace il senso della misura dei Tugboat che anche quando potrebbero andare a briglia sciolta sanno sempre non partire per la tangente, piace il fatto che certi riferimenti musicali siano sempre lì in bella vita, dai Beatles ai Belle & Sebastian e poi, naturalmente piace il fatto che i ragazzi sappiano veramente tirare fuori delle melodie sublimi quasi dal nulla, che sia in un folk sbilenco (“Keep Me Cool”) o una passeggiata nel pop più cristallino con la benedizione assoluta di Burt Bacharach (“Cheeks).

Non tutto mi gira per il verso giusto, se devo essere sincero, penso ad esempio alla dimessa ballata “Parkbenches” che avrebbe tutte le carte per lasciare il segno con il suo andamento malinconico ma non è supportata da una melodia così incisiva, alla minimale e disturbata “Impossible” o a “Rats In The Basement” che mi pare proprio un divertissement di poco valore, ma quando “Bored” prende una piega calypso tutto le cose meno incisive vengono immediatamente dimenticate e ci si lascia stupire da questa band sempre ricca di belle sorprese.

Al solito deliziosi i Tugboat.