“Fumo” segna il ritorno dei Casino Royale, ma è molto più di un semplice disco. È una condizione, uno stato mentale, una lente opaca attraverso cui osservare il nostro tempo. È la colonna sonora di un’epoca smarrita, in cui ogni certezza si dissolve e la realtà stessa sembra sgretolarsi sotto i nostri occhi, intanto gli oggetti che ci circondano mutano, improvvisamente, forma, i pericoli che crediamo di intravedere sono solamente illusioni fallaci, mentre il vero Male, quello più subdolo, quello che non fa rumore, si insinua nel quotidiano e si nutre delle nostre migliori energie, delle nostre intelligenze, della nostra creatività più pura e del nostro tempo più prezioso.

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È un Male che promette tutto: pace, sicurezza, benessere e felicità. Ma che, in cambio, chiede, silenziosamente, le chiavi della nostra volontà, dei nostri desideri, delle nostre passioni, del nostro sguardo critico sul mondo. Ed eccoci qua, avvolti da un fumo tossico, denso e maligno, un fumo che annebbia la vista, che confonde i contorni delle cose, che oscura la verità e ci costringe a restare immobili, inchiodati in stagioni statiche, dove nulla cambia davvero, dove il mutamento è solamente un inganno estetico e l’eterno presente si ripete senza tregua.

In questo ritorno, la band milanese non è sola. Tra le voci che si uniscono al viaggio c’è quella di Marta Del Grandi, e insieme tracciano un percorso sonoro che si muove tra soul urbano, dub, divagazioni drum & bass, venature elettroniche, trip-hop e melodie acide e suggestive, raccontando di un’umanità oramai offuscata, di una società che ha perduto il senso della solidarietà e del vivere collettivo. Il disco è, di conseguenza, una riflessione cupa ed apocalittica, ma assolutamente necessaria sull’individualismo aggressivo che affonda le sue radici proprio in quegli anni Novanta opulenti, crassi e sfarzosi, che furono la terra sonora materna dei Casino Royale e, insieme, l’incubatrice di quei semi avvelenati che oggi abbiamo, purtroppo, visto fiorire.

Il risultato è un universo in cui tutto è ridotto a pura forma, ad immagine virtuale, dove la sostanza della verità evapora e le coscienze, ormai prive di dubbi, di domande, di sogni e di pensieri autonomi, si riducono a fantasmi. Creature di fumo, senza più corpo, né anima, incapaci di provare davvero dolore, gioia, commozione o rabbia. Ed è forse proprio in questo paesaggio crepuscolare che “Fumo” trova la sua forza più pura, nel raccontare ciò che abbiamo perso e ciò che rischiamo di non essere più. Eppure, il disco non è soltanto una diagnosi, è anche un’esortazione ed un invito a non lasciarsi inghiottire. Un album che ci spinge a credere ancora, a non smarrire la forza di immaginare un’altra realtà possibile, una vita fatta ancora di legami veri, di rapporti sinceri e di sguardi limpidi, mentre, tra le sue pieghe, le canzoni ci rammentano che, anche nel fumo più fitto, tra i vapori più velenosi, può nascere un gesto umano, un’idea libera, un vero e proprio atto di coraggio. Proprio come certi fiori che, perfino nei terreni più contaminati, sanno ostinarsi a fiorire, conservando un profumo diverso, un profumo che non appartiene più al Male, ma alla nostra irriducibile e fragile bellezza.