Credit: Shawn Anderson (CC BY-NC 2.0)

Tornano dopo ben 16 anni dall’ultima reunion anche i Jesus Lizard: un impeto di giovinezza, che ha deciso di bussare alla loro porta, tanto da portare l’ensemble di Chicago a zonzo per il globo.

Totale silenzio e una rinnovata creatività artistica tradotta, oltre che da un tour mondiale, anche da un nuovo capitolo della saga, quel “Rack” uscito lo scorso anno e questo addirittura non sedici, ma ventisei dall’ultimo lavoro in studio. Un nuovo album che permette ai tanti estimatori di godere nuovamente di un entusiasmo ritrovato, di quello che viene considerato come un combo leggendario, un punto di riferimento, paladino di una certa ricerca noise, oltre il punk, un periodo di furore vero, che ne ha contraddistinto la loro carriera.

Il circolo Magnolia li ospita nell’abituale giardino estivo, per la terza data nel nostro paese, un piccolo tour che è passato da Bologna e Roma, per chiudere appunto a Milano.

Che dire, un concerto che è davvero un’esperienza al limite, quasi soprannaturale.

Siamo sul palco secondario del circolo, deduco che l’affluenza prevista, non abbia raggiunto i numeri da permettere l’allestimento sul main stage, sebbene il succitato secondo palco sia piuttosto ai limiti della capienza.

I Jesus Lizard iniziano per le 21,30 precise: sarà un’ora e mezza (che visto il genere e l’età media sono un timing di tutto rispetto) di noise d’altri tempi, una rasoiata hardcore, di quelle genuine, che, al di là dei gusti, andrebbe studiata a dovere, sia su disco, ma anche nelle dimensione live, diretta e senza troppo girarci intorno.

Pronti via e subito uno stage diving di David Yow: ancora prima che inizi il primo brano, l’istrionico leader si prende anche la scena, perché nonostante i quasi sessantacinque anni, non molla un centimetro e sfoggia una forma da mangiarsi le nuove generazioni.

Torno a ripetere che stasera siamo ad una sorta di lezione universitaria, di come si possa fare musica in un certo modo e di quale sia l’attitudine giusta per farla, presa come filosofia.

Setlist che pesca qua e là, diversa per ogni performance di questo tour, ovviamente con una matrice condivisa e dall’inizio alla fine non c’è un attimo di tregua.

Piaccia o meno, questi sono dei fenomeni veri, seminali come pochi.

Groove ossessivi e perfetti a sostegno di un cantato spoken, urlato e claustrofobico.

Prendere o lasciare perché non esistono vie di mezzo.