Questo disco non è di facile consumo e non potrebbe essere altrimenti visti gli interpreti. Da ascoltare preferibilmente con le cuffie e, perché no, in un’accogliente penombra.

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È un’esperienza minimal glitch che richiede la completa immersione in questo micro universo. Vi chiederete: perché dovrei fare questa fatica? Perché non si tratta di fatica bensì di lasciarsi cullare dai suoni raccolti da O’Rourke e Ishibashi durante il loro tour, che creano quattro tracce sognanti, misteriose e interstellari che per quaranta minuti circa vi porteranno in un’altra dimensione. Le registrazioni appartengono al 2023, durante performance in Francia, Svizzera, Italia e Irlanda. Questi frammenti sono stati poi remixati e rimodellati in studio, assemblando una sorta di collage sonoro che mescola elementi da una performance con quelli di un’altra. Immaginate un pezzo di Jim registrato a Dublino sovrapposto a un momento della Ishibashi catturato a Parigi. Ripeto, parliamo di musica minimale, glitch, avant-jazz, quindi da maneggiare con cura. Chi ama il genere o vuole avvicinarvisi troverà un lavoro molto interessante, di grande qualità. Dicevamo, materiale estratto da performance live, manipolato e mixato per formare un’opera che “riflette la tendenza umana a trovare schemi significativi in pattern casuali, proprio come suggerisce il titolo”.

“Pareidolia”, infatti, è un fenomeno percettivo per cui il cervello riconosce forme familiari, come volti e oggetti, in stimoli visivi casuali o ambigui, come le nuvole, gli oggetti inanimati o superfici irregolari.

“Par: Il primo movimento è quello più vicino all’avant-jazz, con linee melodiche frammentarie, esitanti, che emergono e subito si ritirano. Ogni suono pare anticipare una trasformazione che avverrà da un momento all’altro.

“Ei”: Il secondo movimento si apre con un’atmosfera cupa, disturbante. Droni e pattern irregolari si mischiano a pulsazioni che arrivano dalla pancia di un vulcano.

“Do”: Il terzo brano è il più vicino all’idea di collage sonoro. Rumori metallici, voci lontane, idee di temporali minacciosi, campane, suoni che appaiono e scompaiono come fantasmi, accanto a lunghe onde avvolgenti. L’ascolto richiama la sensazione della pareidolia stessa: dentro il caos si colgono forme, ritmi, figure che sembrano solidificarsi per un istante e subito dissolversi. È il pezzo più cinematografico.

“Lia”: Il movimento di chiusura è il più contemplativo e dolce. I droni accarezzano l’aria, i suoni acustici ed elettronici si fondono in modo disteso e gentile.

Le quattro tracce di “Pareidolia” non sono solo improvvisazioni ma capitoli di un’unica narrazione sonora. Fluiscono come acqua di ruscello, di fiume impetuoso e di torrente alpino.