This Music was Made In Manchester, England” dichiarano i redivivi The Chameleons sul loro sito ufficiale, ribadendo ancora una volta e con orgoglio l’appartenenza al luogo –  Middleton  (Greater Manchester) – che li ha visti nascere nel 1981. Scoperti e lanciati da John Peel, hanno attraversato ere musicali e discografiche (dalla Epic alla Statik / Virgin alla Geffen e ora su Metropolis Records) restando sempre una band di culto, per intenditori.

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La prima  formazione – Mark Burgess, Reg Smithies, Dave Fielding e John Lever – ha pubblicato tre album (“Script of the Bridge”, “What Does Anything Mean? Basically “ e “Strange Times”) tra 1983 e 1986 per poi dividersi a causa dei contrasti tra Burgess e Fielding, ritornare a sorpresa con una serie di concerti al The Witchwood di Ashton-under-Lyne nel 2000, due album acustici (“Strip” e “This Never Ending Now”) e “Why Call It Anything?” nel 2001.

Dovevano passare altri vent’anni per rivederli con una line – up rinnovata (dopo la morte di Lever e l’addio definitivo di Fielding). Mark Burgess e Reg Smithies  oggi sono affiancati da Stephen Rice alle chitarre, Danny Ashberry alle tastiere e Todd Demma alla batteria. “Arctic Moon” dimostra che non hanno perso smalto, nella grinta delle chitarre e dei ritornelli di brani come “Where Are You?” e “Lady Strange”.

Burgess ha affinato col tempo l’abilità di scrivere melodie accattivanti e elegantemente pop, con quel pizzico di malinconia che era forse inevitabile, tra ballate orchestrali come “Feels Like The End Of The World”, la nostalgica “Free Me”, uno dei momenti migliori insieme a “Magnolia” e il bel crescendo evocativo di “David Bowie Takes My Hand”, con una pungente “Saviours Are A Dangerous Thing” in cui affila penna e voce.

L’indole dark e l’ispirazione  di singoli come “In Shreds”, “Up the Down Escalator”, di “Thursday’s Child”, “Monkeyland”, “Paper Tigers” o della splendida “Intrigue in Tangiers” è ormai storia passata sia ben chiaro. I The Chameleons del 2025 sono musicisti professionali e raffinati che fanno ciò che vogliono e devono senza entusiasmare in un buon disco che segna la loro ennesima, chissà se definitiva,  rinascita.