Parent Teacher è il nome del progetto solista di un artista newyorchese chiamato Richard (non chiedetemi altre informazioni perché non ho trovato nulla su internet) che, con “Doombloomer”, giunge al terzo capitolo della propria avventura discografica. Dopo l’esordio con “Impending Doom”, segnato da una vena lo-fi e apocalittica, e il successivo “Ethereal Collapse”, più cupo e intriso di grunge e folktronica, questo nuovo lavoro raccoglie brani scritti nell’ultimo anno e li ricompone in un percorso breve ma compatto, sotto la mezz’ora, che alterna leggerezza e malinconia con sorprendente equilibrio.

Le dieci tracce di “Doombloomer” si muovono dentro coordinate indie rock dal gusto volutamente grezzo, ma dietro il velo lo-fi emergono arrangiamenti ricchi di dettagli: chitarre distorte e vibranti, armonie vocali curate, e un’attenzione alla produzione che solleva i brani oltre la semplice psichedelia di superficie. L’atmosfera è spesso gioiosa e spontanea, quasi che le canzoni venissero scoperte nel momento stesso in cui prendono forma, ma non mancano momenti più introspettivi che lasciano trasparire un fondo di disincanto.

La voce di Richard, vicina per molti aspetti a quella di Kevin Parker dei Tame Impala, guida l’ascolto con un timbro caldo e sognante, mentre le influenze spaziano da Pavement a Elliott Smith, passando per Sparklehorse, Stereolab e persino accenni all’energia dei Queens of the Stone Age. L’insieme restituisce un indie rock che non ha paura di contaminarsi con pop psichedelico, power pop fuzzettoso e scorie punk, offrendo un viaggio variegato ma coerente.

Tra i brani che colpiscono maggiormente spiccano “Wild Emotion”, “Demonize”, “Contentation” e “Homesick”, capaci di riassumere bene la doppia anima del disco: da un lato slancio melodico e vitalità rock, dall’altro riflessione e intimità.

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