Il diciassettesimo lavoro in studio dei Paradise Lost si è fatto attendere a lungo: ben cinque anni sono trascorsi dal precedente “Obsidian” che, nel pieno della bufera pandemica, aveva aperto uno squarcio di “luminosa” oscurità nel fitto buio dell’emergenza sanitaria.

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Con “Ascension”, le tenebre del metal tornano ad avvolgerci e sedurci attraverso dodici tracce solide e ispirate, che confermano l’ottimo stato di forma della storica band britannica. Dopo qualche uscita poco convincente a inizio millennio, nel corso dell’ultima decina di anni i Paradise Lost sembrano aver ritrovato la rotta, firmando album capaci di fondere la pesantezza death-doom degli esordi con quelle atmosfere gotico-melodiche che sono da sempre il loro marchio di fabbrica.

La chitarra di Greg Mackintosh scolpisce riff e assoli sempre memorabili, a tratti persino folgoranti: basti pensare ai passaggi da brividi nella struggente “Serpent On The Cross”. Ma il vero protagonista di “Ascension” è senza dubbio Nick Holmes, che impressiona tanto per la potenza del suo cavernoso growl quanto per le parti in voce pulita, ormai ben lontane dai vecchi riferimenti hetfieldiani.

Ne risulta un lavoro maturo e professionale che, pur senza introdurre particolari novità nel sound classico della band, riesce a conquistare e a farsi amare profondamente. Con brani come “Silence Like The Grave” e “Salvation” (un capolavoro), i Paradise Lost aggiungono due autentiche gemme al loro già ricchissimo catalogo di oscure meraviglie.