Credit: Dean Chalkley

Di Andrea Grasso (co-admin di Suede Italy, fanclub italiano)

Con l’uscita, il mese scorso, del decimo album dei Suede intitolato “Antidepressants“, la storica band inglese ha raggiunto il traguardo di 10 album in studio, usciti dal 1993 ad oggi; il traguardo è significativo, poiché nell’era post-reunion (dal 2010 a oggi) sono così usciti cinque album, che quindi eguagliano numericamente gli altri cinque album usciti invece nell’era “classica” (1993-2003).
Dovrebbe quindi essere il momento opportuno per fare un bilancio tra le due ere e metterle a confronto. Premesso che per chi scrive i Suede della prima era (comprendenti in realtà due formazioni base molto diverse, in breve quella “con” e quella “senza” Bernard Butler) restano sempre imbattibili, possiamo sicuramente affermare a ragion veduta che quelli della seconda era (che vedono invece sempre la stessa formazione, con Richard Oakes e Neil Codling che già dal 1995/96 “sostituirono” Butler, e i fondatori Brett Anderson, Mat Osman e Simon Gilbert) si difendono decisamente bene; aggiungerei che laddove molte band si riuniscono dopo anni solo per fare concerti, e chi fa il passo importante di pubblicare nuovi album in genere delude perché non raggiunge mai i fasti del passato, i Suede invece si sono distinti e hanno sorpreso in positivo molti fan con quanto realizzato in questa dozzina di anni: anche se non eguagliano in pieno la prima era (ma molti altri fan sostengono invece di sì), ci vanno molto vicino e, col secondo posto in classifica UK dell’album più recente (che poi sarebbe il primo degli album più venduti, quindi escludendo lo streaming, che per chi è musicalmente cresciuto nel secolo scorso rappresenta la “vera” classifica), e i concerti sempre pieni (saranno a Milano il 27 marzo 2026), restano ancora, dopo oltre 30 anni dall’esordio, nella parte migliore della loro carriera.
Quella che segue è una mia personale classifica (quindi soggetta naturalmente a dissensi, dissidi e insulti) dei migliori 10 brani degli album post-reunion, quindi da “Bloodsports” del 2013 fino al già citato “Antidepressants” appena uscito, passando per “Night Thoughts” (2016), “The Blue Hour” (2018) e “Autofiction” (2022); è interessante notare che tutti e cinque gli album presentano delle tematiche ben precise (si potrebbe parlare, volendo, di concept-album, come ai bei tempi del rock progressivo).
Premettendo che 10 brani sono troppo pochi perché quelli davvero buoni sono molti ma molti di più (ma ahimè questo è il format…), ho cercato salomonicamente di scegliere i due migliori per ogni album e non ho considerato le varie bonus track (che negli anni ’90 chiamavamo b-side), che comunque avrebbero potuto meritare l’inclusione.

La TOP 10 completa e amplia quella del 2018 curata da Riccardo Cavrioli, che si concentrava sopratutto sulla “prima” produzione della band.

10. DRIVE MYSELF HOME
(da “Autofiction”, 2022)


In un album che il gruppo presenta come “il nostro album punk” e che in effetti vede sonorità più rozze e aggressive ispirate dai generi punk e post-punk, la perla nascosta è quella che divide l’album in due e chec’entra poco e niente col resto: ballatona sentimentale, atmosferica, orchestrale, melodica…per dimostrare che i Suede non sono solo un gruppo rock.

9. TRANCE STATE
(da “Antidepressants”, 2025)


Il seguito ideale di “Autofiction”, “Antidepressants” è il secondo di una supposta trilogia (dovremo attendere ancora qualche anno per ascoltarne il capitolo finale), questa volta ispirato dal post-punk. Anche in questo caso il brano proposto si distingue dal resto, in quanto sembra più ispirato dalla new-wave, avendo il synth come strumento principale e in generale un’atmosfera molto “anni ‘80″ (anche coadiuvata dal videoclip, con una TV che propone tra un disturbo e l’altro immagini della band in bianco e nero). Il testo riprende alcuni dei temi dell’album: paranoia e problemi mentali, il tutto condito da farmaci antidepressivi esplicitamente menzionati con tanto di avvertenze del foglietto illustrativo.

8. LIKE KIDS
(da “Night Thoughts”, 2016)


Le tematiche dell’album “Night Thoughts” sono quelle della famiglia e delle paure e ansie ad essa connesse. I brani sono prevalentemente cupi e pessimisti, tranne qualche eccezione tra cui appunto questo brano che già dal riff di chitarra sembra uscito direttamente da “Coming Up” (l’album più venduto della band). Anche il videoclip, tratto dal film girato in associazione all’intero album, è uno dei pochi momenti divertenti in mezzo ad altri momenti tragici, e osa addirittura “fare il verso” alla iconica copertina di “Dog Man Star”!

7. HIT ME
(da “Bloodsports”, 2013)


Il primo album dopo la reunion del 2010, composto con la promessa solenne che se non fosse stato all’altezza dei precedenti non sarebbe mai uscito. Fortunatamente sia questa “Hit Me” che altre tracce tengono sicuramente testa al trionfale passato dei Suede; questo brano in particolare sembra essere ispirato dal glam, che ha caratterizzato il loro primo album eponimo, senza dimenticare gli hook melodici di “Coming Up” e i famosi “testi riempitivi” alla “Beautiful Ones” (ovvero, più volgarmente, i “lala-lala-la…“).

6. THE INVISIBLES
(da “The Blue Hour”, 2018)


Primo singolo estratto dall’album del 2018, è un brano prevalentemente orchestrale, così come il resto dell’album, e secondo le dichiarazioni di Brett Anderson (autore unico di tutti i testi) si discosta dalla storia raccontata nel resto dell’album (un bambino che scopre che suo padre ha l’amante e scappa di casa perdendosi in mezzo alle campagne), in quanto parla della sua personale storia di adolescente e del rapporto con suo padre. Il videoclip però mette queste parole in bocca a una ragazza senzatetto in mezzo alla campagna, quindi in qualche modo riporta il focus sulle tematiche della storia narrata.

5. WHEN YOU ARE YOUNG / WHEN YOU WERE YOUNG
(da “Night Thoughts”, 2016)


Spero che mi si perdonerà se considero questi due brani come uno unico, ma il secondo è la reprise del primo. Inizio orchestrale e maestoso, coincidente con l’inizio dell’album dedicato alle paure notturne, riff chitarristico come sempre eccellente e articolato e un testo che parla della spensieratezza dell’infanzia, di quando si gioca fuori finchè la mamma non ti chiama, e quello rappresenta forse l’unico problema da “affrontare”. Poi si diventa adulti e iniziano i problemi seri, come quelli raccontati nel resto dell’album. La penultima traccia dell’album, prima del gran finale, riprende lo stesso brano, ma il presente di “are” è sostituito dal passato di “were”; adesso sei un adulto e rimpiangi quella spensieratezza di quando eri piccolo…

4. 15 AGAIN
(da “Autofiction”, 2022)


Questo brano è rappresentativo di tutto l’album (fu infatti il secondo singolo) e incarna quello spirito punk che è stato d’ispirazione, senza però perdere di vista il lato melodico e il tema unificante, ovvero la rappresentazione di una (auto)biografia “mezza vera e mezza inventata” del cantante e paroliere Brett Anderson. In pochissimi versi Brett riesce a mettere insieme dei brevi flash di scene adolescenziali (pomeriggi in bagno in tacchi a spillo e a fare merenda davanti alla tv), e la tragicità apparente delle storie d’amore tra 15enni.

3. SOMETIMES I FEEL I’LL FLOAT AWAY
(da “Bloodsports”, 2013)


L’album “Bloodsports” ha come tematica principale le relazioni d’amore, viste come una continua caccia e come un gioco carnale (per cui “sport sanguinari”), e il testo di questo brano rappresenta in pieno questo concetto. Le strofe hanno una melodia dolce e sensuale, quasi una ninna nanna, che contengono dei complimenti mielosi seguiti da una sensazione quasi di pentimento per essersi imbarcati in questa storia. Il pre-ritornello accelera il tempo, ma quasi tutto il brano resta su un’atmosfera eterea e sognante, tranne che per dei passaggi strumentali hard che riportano alla dura realtà. Questa canzone secondo chi scrive non ha nulla da invidiare a un brano di “Dog Man Star” o “Coming Up”.

2. SOMEWHERE BETWEEN AN ATOM AND A STAR
(da “Antidepressants”, 2025)


In piena atmosfera “Dog Man Star”, è un brano breve ma intenso. Il testo si basa sul concetto secondo cui gli atomi che compongono il nostro corpo vengono continuamente “riciclati”, per cui anche quando non siamo più in vita i nostri atomi continuano a comporre altri organismi o oggetti e prima o poi andranno a finire nelle stelle (anche il titolo “Dog Man Star” fa riferimento a una simile evoluzione); da qui nascono riflessioni universali sul senso della vita (che “un giorno verrà rivelato“), forse innescatesi nella mente di una persona depressa (come da tematica dell’album). Musicalmente, più che da una struttura classica “strofa-ritornello”, mi piace pensarla come composta da tre movimenti diversi che non vengono ripetuti.

1. FLYTIPPING
(da “The Blue Hour”, 2018)


Per il sottoscritto il miglior brano della “seconda era” dei Suede, è la traccia finale dell’album dedicato all’ora del crepuscolo; il bambino scappato è tornato a casa (pare), ma un lieto fine vero e proprio in realtà non c’è (nell’universo dei Suede non c’è quasi mai). Lo sfondo della storia narrata sono le campagne inglesi, desolate e lugubri, e Brett, che vive proprio lì, è rimasto scioccato nel vedere certe strade piene di elettrodomestici abbandonati e altra spazzatura sul bordo, quindi ha pensato di concludere l’album con questo testo di denuncia, anche nei confronti del consumismo sfrenato, che ci costringe a buttare gli oggetti dopo pochissimi anni di vita. Sono sei minuti e mezzo di brano, che inizia con solamente voce e arpeggi di chitarra; solo poco prima dei tre minuti entra la band al completo, e prosegue con strofe e ritornelli (compresi dei rari controcori di Brett) fino ai 4 minuti; i restanti due minuti e mezzo constano di uno stupendo strumentale, tra assoli di chitarra in più parti e cori operistici, che rende memorabile il finale di un album che probabilmente è il migliore dei cinque presi in considerazione.

In sintesi, i Suede di questi cinque album si sono sempre mantenuti su altissimi livelli, rimanendo fedeli al loro stile degli esordi o rimanendo nei dintorni, senza per esempio fare più incursioni in altri generi che non gli appartengono (come ad esempio il pop elettronico di “Head Music”) e cercando di badare sempre meno alla commerciabilità dei brani; inoltre, in un’epoca dove l’album di studio frutta poco in termini di vendite, sono comunque riusciti a mantenere una media di tre anni di distanza tra un album e l’altro, e Brett ha più volte ribadito come il suo obiettivo principale sia sempre quello di fare nuova musica e non avrebbe senso per lui smettere di fare album e andare solamente in tour eseguendo i brani del passato. Siamo sicuri che anche il prossimo album, che ci aspettiamo tra circa tre anni, sarà di qualità come i precedenti, e che altri ne seguiranno finchè la band sarà motivata ad andare avanti.