David Maynard Photography, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Altra nuova sensazione che passa da Milano per la prima volta, va un plauso ancora una volta a Ypsigrock nella sua ricerca di next big thing, dato che ci azzecca spesso e volentieri, tra i tanti signor nessuno invitati in quel di Castelbuono, infatti c’è stata anche Jojo Orme, aka Heartworms, che nel 2024, con giusto una manciata di singoli in cassaforte passò dal festival siculo, poi il doveroso passo verso l’età adulta e la pubblicazione del primo disco sulla lunga distanza, che conferma quanto di buono gli stessi singoli avevano fatto presagire, oltre a suscitare un ulteriore chiacchiericcio nei suoi confronti e più di qualche riflettore acceso.

Passa dal Bellezza, all’interno di un trittico di concerti, che tocca anche Roma e Bologna, per presentare “Glutton for punishment“, va detto che non si può, ragionevolmente, sapere se Heartworms sia realmente una next big thing, al momento siamo ancora in un territorio underground, diciamo che ci sono alcune buone premesse e ottimi spunti che potrebbero portare l’artista londinese, in un escalation di carriera ai piani alti. Oggettivamente non manca il talento, una certa scrittura personale, quanto la capacità e sensibilità di trasmettere vibes.

Venendo alla serata, apre le danze Roberta Russo aka Kyoto, cantautrice e producer classe ’96, al Bellezza per presentare il suo ultimo EP “Limes Limen”, la conoscevo solo di nome, ed è stata un’ottima scoperta, fa una mezz’ora di elettro wave, con divagazioni industrial, tiratissima, tra droni e loop, molto brava, e una sincera capacità di mescolare mille mila influenze, da approfondire assolutamente.

Tempo di un piccolo cambio palco, che sale Heartworns, la quale conferma, immediatamente, tutte le attese del caso, in ottica di carisma e personalità, regala una performance di spessore, da veterana, che non è da tutti i giorni. La scrittura del primo e unico capitolo di questo viaggio, rimane interessante con picchi importanti soprattutto in un paio di pezzoni, messi nell’epilogo di questa prima setlist milanese, mi riferisco a “Just ask to dance”, che personalmente, mi ricorda i primi Garbage, e un potentissima “Jacked” in chiusura, sicuramente i suoi due singoli più generosi.

Molto prima un’inaspettata quanto convincete cover di Bob Dylan e ovviamente un po’ tutti i brani di questo debutto, per un’oretta di materiale a disposizione, dall’iniziale oscura e altrettanto molto bella “Extraordinary Wings”, passando anche per l’outtake di “Beat Poem” cantata a cappella, preceduta da un suggestivo e fragoroso silenzioso di un paio di minuti, manca, inspiegabilmente, la mia preferita dell’album, la title track che chiude lo stesso lavoro.

Suoni più che buoni, una matrice di loop a fare da fondamenta e due musicisti (assolutamente italiani, che la seguono per tutto il tour europeo) a dare man forte alla batteria e alla chitarra.

Lei è veramente sopra le righe, potrebbe essere tranquillamente una rockstar da stadi affollati, per l’espressività e il modo di porsi, il progetto vive ancora, com’è giusto che sia, di una sorta di rodaggio, ci sono sicuramente tanti ingredienti al posto giusto per pensare ad un futuro luminoso, e vederla in alto nei bill dei festival del pianeta.

Nel frattempo, buonissima la prima a Milano.