Credit: Breezy Baldwin Los Angeles, CA, USA, CC BY 2.0, via Wikimedia Commons

Sia quando si è proposto con una band, chiamandola sempre Ours anche se i membri sono cambiati molto spesso nel corso degli anni, che quando ha pubblicato un album da solista, James Francis Gnecco III ha emozionato un fedele gruppo di appassionati in giro per il mondo, ma non ha mai ottenuto la notorietà su larga scala che, obiettivamente, avrebbe meritato. Nel 2026 arriverà il 25esimo anniversario del debutto “Distorted Lullabies” e le celebrazioni sono già iniziate con l’inserimento sulle piattaforme streaming dei primi due album, finora assenti, e il pre-order dell’edizione in vinile, mai realizzata prima. Purtroppo, difficilmente noi europei potremo farla nostra con questa modalità, per via della difficoltà e dei costi che comporta una spedizione da Oltreoceano attualmente. Dovremo sperare che, come ha fatto per ben tre volte negli ultimi anni, Jimmy torni qui da noi a suonare dal vivo e si porti dietro i vinili per noi. In ogni caso, come detto, ora anche chi non conosceva gli anni migliori degli Ours può rimediare, quindi questa è l’occasione giusta per ripercorrere le fasi salienti di una carriera musicale tra alti e bassi ma che ci ha regalato delle autentiche perle, gioielli musicali da amare alla follia. Per facilitarmi la scelta, ho deciso di premiare solo canzoni contenute nei dischi che, a mio avviso, sono gli unici validi in tutto il loro complesso, senza cali o riempitivi. Sto parlando, oltre che del citato debutto, di “Precious” e “New Age Heroine” degli Ours e di “The Heart” a nome Jimmy Gnecco. Buon ascolto e buon batticuore a tutti.

10. MILES AWAY
(da “New Age Heroine”, 2018)

Quando si deve scegliere in un contesto di eccellenza, anche un solo aspetto di una canzone può fare la differenza. In questo caso, un ritornello magnifico ed emozionante fa emergere questo brano e gli permette di entrare in questa classifica. In generale, il brano è semplice e diretto, senza quelle ricercatezza a cui gli Ours e Jimmy Gnecco ci hanno abituati, però il timbro vocale è ancora più centrato del solito, tutto suona tremendamente a fuoco e, come detto, quando quel ritornello si rivela alle nostre orecchie e al nostro cuore, non possiamo che arrenderci e adorare questa canzone.

9. REST YOUR SOUL
(da “The Heart”, 2010)

Anche questo è un brano che punta sull’immediatezza sonora e che viene elevato da una prestazione vocale da centro pieno e da una melodia di alta qualità. Il lato introspettivo di Jimmy Gnecco viene messo bene in luce da una produzione azzeccata nella quale la chitarra accompagna magistralmente la voce, che, giustamente, riveste il ruolo di assoluta protagonista, assieme alla citata melodia e a un testo decisamente realistico, a rappresentare ottimamente quei momenti nei quali ci vediamo costretti, oppure riusciamo, ad accettare che non c’è rimedio alle difficoltà e che è meglio mettersi l’anima in pace.

8. DISASTER IN A HALO
(da “Precious”, 2002)

Cominciamo ad alzare l’intensità sonora e interpretativa, con le chitarre che graffiano, i decibel che aumentano, quel “nothing even matters” ripetuto con una qualità vocale sublime e una forza emotiva da batticuore, quel temporaneo abbassamento di tono dopo il secondo ritornello che mette in mostra l’ampiezza del ventaglio espressivo della voce di Jimmy e quel breve ma efficace giro di chitarra prima della sfuriata finale. Canzone dallo sviluppo impeccabile e che può vantare un impatto notevole.

7. FALLEN SOULS
(da “Distorted Lullabies”, 2001)

Probabilmente, se dovessi provare a spiegare gli Ours usando una sola canzone, sceglierei questa, perché c’è davvero di tutto, a cominciare dallo spettro vocale del leader, qui usato in ogni possibile tonalità, al modo in cui le chitarre e la sezione ritmica non si limitano ad accompagnare la voce, ma creano un’interazione che fa schizzare alle stelle il livello qualitativo, al songwriting mai banale e votato al dinamismo ma al contempo estremamente fluido nel suo sviluppo, a testi significativi e poetici, che esprimono concetti sfuggenti al punto giusto da risultare incredibilmente suggestivi. Qui dentro c’è davvero tutto questo e questa canzone è uno spettacolo.

6. I HEARD YOU SINGING
(da “The Heart”, 2010)

Per uno che ha conosciuto Jeff Buckley solo perché gli veniva continuamente detto che il suo stile vocale gli somigliava e che poi ci è diventato amico, una canzone dedicata a lui non poteva che essere speciale. Anche qui, dal punto di vita della produzione, si sceglie, correttamente, di dare il primo piano a voce e testo, ma l’accompagnamento è comunque piuttosto ricco di dettagli e sfumature e valorizza al meglio un’interpretazione particolarmente sentita e parole importanti e genuine. Ascoltare il modo in cui Jimmy fa capire l’importanza di Jeff per se stesso e per tutti quelli che lo hanno amato, come musicista e come persona, è davvero molto emozionante.

5. FALLEN FLOWER
(da “New Age Heroine”, 2018)

Anche qui, la dedica è di quelle speciali, e così, necessariamente, lo è la canzone. Il fiore caduto del titolo è la mamma di Jimmy, e lo strumento chiave, stavolta, non è la chitarra, ma il piano, e, anche in questo caso, la scelta è perfetta per la particolare atmosfera del brano, quasi operistica, con Jimmy che canta con un sentimento davvero raro e stupefacente e un testo senza filtri, nel quale viene messo a nudo tutto ciò che significa subire una perdita così grave. Ovviamente, anche la qualità melodica mantiene le stesse altezze degli altri elementi finora menzionati e il risultato finale è di una bellezza e un’intensità sconvolgenti.

4. IF FLOWERS TURN
(da “Precious”, 2002)

Ecco, da qui in poi entriamo in un Olimpo nel quale ogni parola è superflua per descrivere quelle che, più che canzoni, sono autentici miracoli che meritano ogni lode possibile e immaginabile. Qui, basterebbe anche solo ascoltare il ritornello, nel quel Jimmy canta una verità tanto semplice quanto non sempre facile da accettare: se i fiori appassiscono, buttali via. L’espressività con cui vengono cantate queste parole e la bellezza della melodia che le accompagna sono, ovviamente, di livello siderale, e poi c’è il resto del brano, con una strofa all’apparenza più dimessa ma che è perfetta per dare il giusto lancio al ritornello e il meraviglioso special con giro di chitarra a seguire che dà ancora più spinta al risultato complessivo. Canzone assurda nel senso positivo del termine.

3. PLACES
(da “Precious”, 2002)

E qui, cosa possiamo dire? Come possiamo rendere giustizia con un testo scritto a una melodia così dolce che verrebbe voglia di mangiarsela e di riempirsene la bocca, a un’interpretazione vocale così incredibile, con un passaggio dalle basse alle alte tonalità che gode di una fluidità impressionante, a un testo così coinvolgente, che rappresenta mirabilmente momenti e sensazioni che tutti abbiamo vissuto e di cui non faremmo mai a meno? Non possiamo, bisogna solo ascoltare e lasciarsi trasportare nell’iperuranio, morendo dalla voglia di abbracciare Jimmy anche solo per come canta quel “alright“, con quella “al” leggermente allungata e ruvida che Madonna mia.

2. DROWNING
(da “Distorted Lullabies”, 2001)

Negli anni in cui i Muse erano tra le band più amate nel circuito indie, e per me questo era un fatto incomprensibile, ogni tanto mi sono chiesto se forse non fossi io a non capire qualcosa. La verità è che dal vivo erano bravissimi, ma le loro produzioni su disco erano sempre troppo artefatte e esagerate. Così, ogni volta che ascoltavo questa canzone, mi dicevo che era così che i Muse avrebbero dovuto produrre il loro dischi per piacermi: con spinta, adrenalina, ma zero pacchianerie e tutta sostanza. Questa è una canzone epica e trascinante come poche altre, dove si spinge a tutta, non ci si risparmia in variazioni e saliscendi e dove, ovviamente, Jimmy canta al proprio meglio tenendo in modo spettacolare la tonalità alta e buttandoci dentro della potenza quando serve. E poi, sul finale, si rallenta di colpo per collegarsi in modo meraviglioso al brano seguente, sia nel disco che in questa classifica.

1. I’M A MONSTER
(da “Distorted Lullabies”, 2001)

Ascoltando il disco, il momento in cui questa canzone inizia è particolarmente azzeccato, proprio perché, come detto, si collega ottimamente al finale della canzone che la precede. Ma, chiaramente, non la metto in cima solo per questo motivo, ma per molti altri meriti, primo fra tutti quello di un crescendo morbido ma devastante, che sul finale ti inchioda al muro e ti lascia senza parole. A seguire c’è il testo, probabilmente il più bello mai scritto da Jimmy, e che rappresenta con grande realismo quei momenti in cui siamo colti da sensi di colpa senza essere in grado di capirne davvero il perché. Poi c’è il modo in cui le parole cantate vengono interpretate, con la scelta ogni volta giustissima del registro con cui cantarle e un risultato ricco e coinvolgente. Ovviamente non devo nemmeno dirlo che la melodia è di altissima qualità, e comunque, mettendo tutti questi pregi assieme, ne esce una canzone a dir poco clamorosa e inarrivabile.