L’amore, tutto parte da lì e, in un certo senso, ci finisce. Noi siamo amore ci dicono i Charlatans, intenso come noi tutti e dobbiamo esserne consapevoli, sopratutto in tempi bui e oscuri come questi, in cui la parola amore sembra svuotata di ogni significato reale, spesso messa a sproposito o in modo ipocrita. No, noi siamo amore e come ogni storia d’amore che si rispetti ecco che abbiamo anche la colonna sonora ideale, quella che ci fa venire i lacrimoni perchè ci riporta al passato, certo, ma che rende delizioso anche il presente e spinge a pensare e progettare il futuro. Riprendiamoci un sentimento fondamentale, viviamolo e godiamocelo. Questo ci dice a gran voce il buon Tim Burgess e noi non possiamo che credergli e fidarci, perché ha perfettamente ragione.

“We Are Love” dei Charlatans è tutto questo. Un disco che trova il suo perfetto incastro nella lunga avventura musicale della band, perché sì, sono sempre loro, nelle loro svariate suggestioni sonore, ma nello stesso tempo sanno ritrovarsi audaci e vogliosi di andare oltre a un semplice compitino.

Credit: Cat Stevens

Dev Hynes e Fred MacPherson alla produzione pungolano a dovere i nostri e, nel farli guardare avanti, hanno approvato il fatto che il modo migliore per arrivare a nuovi obiettivi fosse quello di riappropriarsi di un luogo impresso nella storia della band, ovvero quei Rockfield Studio che tanto significano per la band (sia per “Tellin’ Stories” sia per la perdita, terribile, di Rob Collins). Non è tanto un ritrovare la magia, quella i Charlatans se la trovano da soli, quanto forse la possibilità chiudere un cerchio: per sentire in pieno il nuovo amore bisogna essere liberi, anche dai fantasmi del passato.

E i Charlatans del 2025 ci trasmettono pienamente questa idea di libertà, connettendosi immediatamente all’ascoltatore, sia con la forza di melodie sempre accattivanti (i due singoli “We Are Love” e “Deeper and Deeper” in questo senso sono stati una scelta perfetta, ma vogliamo parlare di “For The Girls”?), sia con la scelta di muoversi spesso in modo sinuoso, con chitarre invitanti, un suono pulito, mai gravoso e un taglio piacevolmente arioso e in grado di richiamare spazi ampi e senza confini. Qualche tocco di popedelia è disseminato lungo il disco e non guasta, anzi, ci piace assai, così come alcune “trovate”sonore (penso al sax nella pimpante “Glad You Grabbed Me” o il coro gospel o gli archi toccanti di “Now Everything”) che sono veri e propri particolari vincenti, capaci di aggiungere la ciliegina a una torta già squisita.

Un gruppo maturo, che ancora ci fa muovere negli incastri di tastiere e ritmica, ma che sa farsi anche pensieroso a tratti, abbassando i toni e, attenzione, pensieroso non vuol dire pesante. Canzoni come “You Can’t Push The River” o “Appetite” sono momenti magistralmente riflessivi, ricchi di fascino e suggestioni: entrano in circolo piano, quasi in sordina, ma come lo fanno bene. E cosa dire di “Out On Our Own”? Che parte raccolta e quasi sacrale nella sua intimità organo/chitarra e voce per poi abbracciare quasi un andamento krautrock ricco di pulsioni solari e spaziali, mossa davvero inaspettata e vincente.

La vecchia guardia non molla: i Charlatans escono con un disco nuovo quando eroi anni ’90 come Pulp, Suede, Supergrass e, ovviamente, Oasis, sono ancora in giro a fare la voce grossa. Fa piacere, non lo nego, perché dimostra come certi cavalli vincenti lo restano anche a distanza di anni, ma sopratutto nel caso dei Charlatans, fa ancora più piacere. perché nella loro vicenda umana e musicale tante storie, anche molto difficili, si sono materializzate, ma alla fine, tirando le somme, è proprio l’amore quello che, tra mille gioie e amarezze, resta, quell’amore che guida e muove la band in un disco perfettamente riuscito. E a noi non resta che abbeverarci a questa fonte prelibata.