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No more revivals please ““ Look Forward Una compilation che sottolinea ulteriormente, ma ormai non c’è proprio più il bisogno direi, che tra la fine degli anni ’70 e la prima metà degli ’80 un’onda d’urto feroce si è abbattuta sul mondo della musica moderna. Reynolds ha scritto a tal riguardo un resoconto completo (leggete Post-Punk per sapere tutto sull’argomento). Apre le danze, ed è proprio il caso di dirlo, Vivien Goldman con un brano piazzato cronomusicamente nel 1978, con un classico andamento dub/punk, accostamento vincente ad esempio per quel gruppetto una volta noto come PIL. Largo poi alla cassa in 4/4 (bella dritta) dei Delta 5 in cui risuonano quelle chitarre che mi fanno pensare, non so perchè, ai The Raptures. Nel disco si susseguono tutti quei suoni che ormai siamo abituati a sentire, quei giri di basso maestosi (“My Spine Is The Bassline” degli Shriekback), che ti scollano dalla sedia e ti fanno oscillare, tutte quelle timbriche che gli amanti di quell’era hanno assorbito e stampato direttamente nel proprio DNA. All’interno della selezione c’è spazio, ed a ragion veduta, per quei portatori sani della vena jazz/fusion, che tanto bene fece al movimento, gli Isotope con “Crunch Cake” e quel genio di James Chance, a chi no piace il suo sax? In questo caso è in veste di James White (per i dettagli vedi sempre Reynolds), con un remix di August Darnell del suo “Contort Yourself”. Insomma la compilation è da ascoltare sia per i nuovi adepti sia per chi ha da sempre un occhio sullo squarcio che inquadra quei generi che si contaminano e si rigirano su se stessi, seguendo una sorta di infinito nastro di Moebius. |
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