Damon Albarn è una fucina di idee. Il mio rispetto quasi reverenziali nei suoi confronti, in un decennio in particolare, ha comportato il mio sempre vivo non-amore (non sempre oggettivo) per i fratelli Gallagher: insomma tra Blur e Oasis non c’è mai stata partita. Per me vincevano a mani basse i primi. Non devo divagare troppo.
“Kinshasa One Two” nasce da un nobilissimo scopo: supportare Oxfam, un’associazione che sostiene la Repubblica Democratica del Congo, colpita ormai da troppo tempo, da una terribile quanto nota, crisi umanitaria.
Non si tratta di un lavoro ruffiano, non riunisce le voci e i personaggi più noti del pianeta. Qui ci troviamo di fronte ad un ensemble di circa 50 musicisti congolesi capitanati dal genio di Damon Albarn: un frullato di contaminazione e rispetto per le radici etniche in cui c’è tutto il potenziale della musica.
Si parte con “Hallo”, scie dub e incedere liquido e persuasivo, in cui spicca la voce del leader dei Blur. Superate tracce a volte troppo sperimentali, si passa a “Love” e alle sue suggestioni afro. Il ritmo si fa più scuro e sincopato in “Respect The Rules”e in “We Come From The Forest”.
“Kinshasa One Two” piace perchè è una scommessa animata da un entusiasmo quasi tangibile e alimentata da una sincera collaborazione fra artisti provenienti da differentissime estrazioni musicali”… Perchè no, è anche una provocazione alla Damon Albarn ad un’industria musicale intrappolata in vecchi schemi.
L’ascolto di “Kinshasa One Two” ha spiazzato la mia faccia vittima di una vita troppo urbana ma ha anche divertito l’altra mia faccia più sfrontata, pronta a proiettarsi in un altro mondo.
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2. K-Town
3. African Space Anthem (A.S.A)
4. Love
5. Lingala
6. Lourds
7. Respect Of The Rules
8. We Come From The Forest
9. Customs
10. Virginia
11. Ah Congo
12. Three Piece Sweet part 1 & 2
13. If You Wish to Stay Awake
14. Departure