Vedi alla voce: sorpresa. Possibile che il disco di un artista sessantaseienne, con oltre quattro decadi di carriera alle spalle, diverse vite e incarnazioni artistiche varie, si possa considerare una sorpresa? Risposta affermativa. David Robert Jones, ai più noti come David Bowie, dà  alle stampe il primo disco da dieci anni a questa parte e già  questa è una sorpresa. Perchè si rincorrevano voci cupe sull’impossibilità  dell’artista britannico di proseguire una carriera che da molti anni era diventata minore, appannata, addirittura inesistente se paragonata agli anni giovani. Invece l’uomo dai mille volti e dalle mille risorse assesta una zampata che si fa ricordare, così come aveva fatto un suo vecchio amico regista pochi mesi fa, regalandoci un potentissimo film nel quale avevamo riascoltato con una lacrima sul viso la voce di Bowie, parliamo di  Bernardo Bertolucci e il suo “Io e te”.

“The Next Day” contiene tutti gli ingredienti che compongono la musica di David Bowie così come generazioni di ascoltatori l’hanno amata, i testi languidi ed enigmatici, tematiche tragiche e banalissime che si rincorrono nel gioco di specchi della vita, dando corpo a canzoni belle e di forte impatto che si ha voglia di ascoltare e riascoltare, esattamente come succedeva una volta, prima di Spotify e delle radio di genere. Un classico Bowie che declina il suo verbo rock, un po’ glam e un po’ wave, mediamente cupo ma capace di aperture vocali come solo lui sa fare. “The Next Day” è un lavoro che si avvale di ottimi musicisti che regalano una resa doppia a canzoni già  molto ricche e (mi ripeto) belle. Potere di un grosso nome del rock che non spreca l’occasione come molti, troppi, suoi colleghi. Un disco che è  già  classico e anti-classico con la sua copertina ironica e revanscista quanto basta, che ci riporta indietro fino ai tempi di “Let’s Dance” e che proietta David Bowie nell’empireo degli artisti anziani ma che ancora hanno cose da dire. Lassù dove osano i Cohen e (a volte) gli  Young.