Era il 2009 quando gli incappucciati più famosi del drone metal, al secolo Stephen O’Malley e Greg Anderson in arte Sunn O))), pubblicavano “Monoliths And Dimensions” album che per l’ennesima volta ridefiniva i confini e le latitudini di un progetto in continua metamorfosi. Da allora ad oggi si sono tenuti impegnati collaborando con nuove e vecchie conoscenze tipo gli Ulver (in “Terrestrials”) Nurse With Wound (“The Iron Soul Of Nothing”) e Scott Walker (“Soused”) e pubblicando la solita messe di singoli e live album più una raccolta di demo. Avanti veloce fino al quattro dicembre 2015 ed esce “Kannon” disco ispirato dalla figura dell’omonima dea della misericordia molto popolare in Giappone dove è rappresentata in molteplici forme, ma anche in Cina, in Vietnam e a Bali. Legata al culto del Buddha Amida, Kannon la consolatrice degli afflitti altro non è che la versione nipponica del bodhisattva della compassione Guanshìyin.

E subito viene alla mente un singolo del 2006 chiamato “Jukebox Buddha” in cui i Sunn O))) già  lasciavano intravvedere affinità  e passioni con mondi lontani. “Kannon” torna a toccare e riprendere quei temi ma musicalmente attraversa altri lidi e territori. Pubblicizzato come l’album più metal uscito dalle ampie tasche di O’Malley e Anderson, è in effetti un ritorno alle radici drone /noise/doom del gruppo. Un progetto artistico più che un semplice disco, basti pensare che i Sunn O))) hanno affidato a un’esperta in materia filosofico religiosa (Aliza Shvartz) il compito di redigere le liner notes mentre la copertina, una versione molto rielaborata per non dire astratta della dea Kannon, è opera di Angela LaFont Bollinger. Per registrare i tre movimenti che compongono l’album i Sunn O))) si sono affidati al solito, fidato produttore Randall Dunn e si sono circondati di facce familiari (Oren Ambarchi, Rex Ritter e Steve Moore) oltre allo storico collaboratore e vocalist Attila Csihar. Le atmosfere evocate in “Kannon” sono dunque quelle classiche a cui i Sunn O))) hanno abituato i fan più fedeli. Tanta intensità , un muro di suono e la cattivissima voce di Csihar, peccatore modello e emblema di tutti i peccatori ancora in vita, che proviene dalle più nascoste profondità  dell’animo umano per intonare un mantra spettrale.

Se “Monoliths And Dimensions” sembrava indicare un piccolo passo verso una dimensione orchestrale per O’Malley e Anderson, facendo intravvedere un futuro diverso per i Sunn O))), “Kannon” va nella direzione opposta. Questo insomma è un album più essenziale, compatto, senza fronzoli, per iniziati non per neofiti. Si ci sono i riff ripetuti e taglienti di “Kannon 2” e quelli prolungati e liquidi di “Kannon 3” ma è l’unica concessione che i Sunn O))) fanno. Il lavoro migliore uscito da sotto i cappucci più famosi di Seattle? Probabilmente no. Ma un disco solido che sembra un work in progress. Non stupisce ma strega. E non stupirebbe neppure se tra un po’ i Sunn O))) tirassero fuori le Kannon 4,5 e 6 giusto per non lasciare nulla in sospeso. C’è chi fa tanto rumore per nulla, O’Malley e Anderson rumoreggiano ben contenti per un motivo preciso.

Photo Credit: Ronald Dick