Alla Disney gli andava da tanto tempo di fare un reboot di uno dei loro film più famosi ed importanti, ma la fregatura dei grandi classici d’animazione è quella, al massimo si restaurano per l’edizione blu ray, si aggiungono i contenuti speciali e scansati.
Nessuno vuole La Carica dei 101 con i french bulldog, La Sirenetta provenendo dal mare potrebbe far insorgere diatribe extracomunitarie, e La Bella Addormentata nel Bosco è un chiaro caso di sexual harassment nell’era post-Weinstein.
Questo non vuol che ogni tanto non si tenti un adattamento in live action, ma quasi sempre si tratta di obbrobri che non superano il 40% su Rotten Tomatoes (poi fanno lo stesso botteghino, ma quello perchè la Disney gioca sul fattore della “punizione delle tre generazioni”, ideata da quei simpaticoni dei Jong Il, ovvero, che quello che ti è stato fatto vedere dai tuoi genitori, tu lo farai vedere ai tuoi figli, e così via), o che sono talmente pimpati di cgi, pizzi e merletti che anche il più farlocco degli script diventa più che accettabile.

E loro lo sanno, visto che in 20 anni ne hanno fatti meno di 10 (purtroppo sembra che abbiano pure cambiato idea). Però fermi, stiamo parlando dei film originali Disney.

Forti dal 2009 della fusione con Vegeta (che è basso ed incazzoso come Wolverine, quindi il paragone ci sta) e del conseguente massiccio ampliamento del parco-personaggi, di reboot, remake, sequel, prequel, serial, burial e chi più ne ha più ne metta, ne hanno fatti eccome.
Ma comunque molti meno di Batman (tiè topo di merda, son topo anch’io ma volo). Perlomeno considerando un singolo personaggio.

Arrivando al punto, loro si leccavano i baffi da anni di fare un certo remake, e tutti i tasselli erano al loro posto. C’era la fanbase che avrebbe visto il film comunque vada, references ben collaudate da altri film da “omaggiare”, il regista ed il cast giusto, e il momento storico pure.
Ed ecco servito il live action del Re Leone (che è Amleto in chiave animalesca) in chiave full black, ma con un sapiente mix di vibes alla Fast & Furious, un pò di tecnologia fantascientifica pazzerella che dai Guardiani della Galassia in poi ci piace, il tutto mescolato a scene di battaglia che pare di vedere The Black Hobbit (sarà  che c’è Martin Freeman a fare il minimo sindacale ed un centinaio di soldati all’arma bianca incapaci di ferire il protagonista e i suoi amici), ed infine il film è l’ultimo degli antipasti che da 10 anni servono ad introdurre il vero “primo piatto” dell’MCU, che,  dall’ultimo trailer, si vede avrà  Wakanda (la terra natale di Black Panther) come una delle principali battlefield. La furbata è che è uscito PRIMA di Black Panther (quindi ti tocca vederlo, che sennò ti perdi le cose).

Alla regia (e pure alla sceneggiatura, cosa non da poco) il talentuoso  Ryan Coogler, che mi era già  piaciuto un sacco in Creed, film meno forzatamente black di BP ma altrettanto dignitoso, anche grazie al golden boy di Ryan, ovvero  Michael B. Jordan (Chronicle, Fruitvale Station dello stesso Coogler, Fantastic Four, Creed). Da parte sua ho avuto come la sensazione che molte scelte siano state dettate da chi stava sopra di lui, specie il potpourri di stili citati sopra, ma a differenza di Josh Trank (per citare nuovamente Chronicle e gli F4, anch’essi con Jordan tra i protagonisti) credo che la sua visione sia stata rispettata, e che abbia retto bene la pressione di gestire un simile mostro in termini di numeri. Stiamo parlando di uno che è passato dai corti ad un film dal budget di 17 milioni di dollari, poi ad uno da 40, per chiudere a 200. Fruttandone 900. A 31 anni.

Un’altra cosa che aggiungerei è che il film ha avuto un enorme successo di sicuro per la sua buona fattura, ma anche per un positivo aumento negli ultimi anni di talenti di origini africane davanti e dietro la macchina da presa, esploso con la tripletta di Oscars con Moonlight  di Barry Jenkins nel 2016 (anche se io precedentemente avevo apprezzato molto anche Straight Outta Compton e DOPE) e proseguita anche quest’anno con l’oscar a Get Out di Jordan Peele (che è anche un comico della madonna).

Chadwick Boseman regge bene nel ruolo da protagonista anche perchè sorretto da una struttura filmica ben cementata, rischiando addirittura di finire oscurato da personaggi molto più carismatici, come Jordan nel ruolo dell’antagonista e Winston Duke in un rivale al trono. Danai Gurira e Lupita Nyong’o dalla loro fanno le badass women, belle e fiere da vedere, ed assolutamente piatte.

Tra le cose che non mi sono piaciute (di nuovo) c’è questo costante feeling non conclusivo che hanno i film Marvel. Ma non perchè non sappia apprezzare storie con elementi seriali, vi sfido io a (aspettare tra gli hiatus) leggere Berserk da 20 anni, ma perchè trovo proprio nel’atto finale la forza di un film. Quello, e un pò di dettagli in ambito bellico/scientifico perchè sono un geek in materia, ma esattamente come ho fatto spallucce con Blade of the Immortal  del sensei  Takashi Miike vedendo un uomo contro cinquanta emergere vincitore, anche qui dopo un pò c’ho fatto il callo. Si chiama OP, ed è una pratica diffusa, deal with it. Se ce l’ho fatta io a rimuovere i guantlets spara energia a forma di bocche di felino, lo potete fare pure voi.

Nel complesso un ottimo blockbuster, nel personale pacche sulle spalle che tanto ci rivediamo a giugno, IO ASPETTO LUI.

PS:
1) se andrete a vedere il film e ne avete la possibilità , vedetevelo in lingua originale, gli attori parlano in inglese ma marcando l’accento africano e sono una gioia per le orecchie.
2) Hannah Beachler e Ruth Carter non sono state nemmeno candidate, ma il lavoro fatto per le scenografie e i costumi del film era da Oscar.
3) le pantere sono molto più diffuse nel continente asiatico che in quello africano.