“Space For The Earth” è un viaggio sonoro scandito da sonorità  psichedeliche, elettroniche e prog-rock, concepito lasciandosi guidare dai selvaggi e suggestivi paesaggi scozzesi, ideale trampolino di lancio per rivolgersi al mondo intero, un mondo i cui fragili equilibri sono perennemente minacciati dalle scelte politiche, industriali ed economiche degli esseri umani, ma che, allo stesso tempo, più volte, ha mostrato quanto possano essere imprevedibili, violente e devastanti le sue risposte.

Il pianeta ha urgente bisogno di respirare, di riprendersi i propri spazi, è questo il concetto fondamentale alla base di questo disco e la recente pandemia, con la conseguente fase di isolamento forzato, ci ha permesso di comprendere non solo la nostra debolezza e la nostra precarietà , ma anche e soprattutto la forza e la tenacia della natura nel rioccupare ciò che le appartiene.

Gli uomini possono sentirsi davvero bene solamente se anche il pianeta si sente bene; la nostra appagazione ed il nostro benessere passano, necessariamente, attraverso la qualità  dell’aria e dell’acqua, i ritmi primordiali della natura, la voce degli animali e delle piante, la bontà  dei raggi solari, il respiro delle maree, l’alternarsi delle stagioni. Quelle stesse stagioni che ci parlano attraverso gli improvvisi incendi che devastano intere nazioni, attraverso le improvvise tempeste che distruggono le nostre metropoli e che noi fingiamo di non sentire: “Humboldt Currant” ne è la voce, l’eterno solstizio d’estate che non ha bisogno di nessuna parola, basta semplicemente guardare la morte e la devastazione che abbiamo attorno, basta semplicemente guardare dentro di noi. Questi ritmi naturali diventano le colonne portanti del disco, si trasformano in progressioni vorticose, mentre gli acidi tentacoli della band britannica toccano sfumature dance, sonorità  ambient, passaggi cosmici, in un continuo intreccio di passato e futuro, di realtà  e sogno, di percezioni sensoriali e lunghe riflessioni lisergiche che guardano ai Gong, agli Hawkwind ed ai Pink Floyd.

Gli Ozric Tentacles cercano, con particolare impegno e vigore, di conciliare il lato più sintetico e quello più umano del loro sound, ai synth artificiali si affiancono appassionati flauti e percussioni, mentre nelle suadenti e crepuscolari ambientazioni elettroniche trovano sfogo chitarre magmatiche e impetuose linee di basso. Tradizione ed innovazione, dunque, perchè la tecnologia ha senso solamente se può essere conciliata con le misteriose forze che pervadono l’universo ed ogni creatura vivente; equilibrio, armonia, perfezione, non sono solo concetti astratti con cui riempire i discorsi, ma debbono diventare un obiettivo politico concreto; qualcosa che vada oltre i limiti di un disco o di un’opera d’arte, ma che si trasformi in regole, leggi, comportamenti che le semplici persone ed i diversi stati debbono perseguire ogni giorno affinchè questo pianeta, l’unica nostra vera ricchezza, possa essere, per sempre, la nostra casa accogliente, il luogo in cui ci sentiamo protetti ed in pace.