Dopo poco meno di un anno dal loro acclamato disco d’esordio “3D Routine” il trio art-rock dei Mush guidato dall’eclettico cantante e chitarrista Dan Hyndman, con Nick Grant al basso e Phil Porter alla batteria, tira fuori dal cilindro questo “Lines Redacted” che si sta facendo strada tra il movimento post-punk d’oltremanica ottenendo, a poche settimane dalla sua uscita, non poco successo, complice le sonorità  ancora più fresche ed irresistibili rispetto all’ottimo debutto e che hanno trovato il placet della rete con un coacervo di giudizi unanimi, mai scesi sotto il sette.

Edito dalla virtuosa etichetta britannica Memphis Industries (Field Music, Papercuts, tra gli altri), la seconda fatica in studio dei ragazzi di Leeds è stata prodotta da Lee Smith (The Cribs, Pulled Apart By Horses) e si compone di ben dodici tracce nelle quali si intravedono pillole di Pavement disseminate qua e là  e che, comunque, con l’ascolto  non si fatica affatto ad arrivare alla fine, con il superbo midtempo di “Drink The Bleach” ad aprire il lotto e quel suo irriverente ripetersi della chitarra per tutti i tre minuti.

Al mood vivace e distorto della successiva “Blunt Instruments”, scelta come primo singolo, gli fa eco quello tipicamente lo-fi dell’altro singolo “Seven Trumpets”, laddove la strumentale “Morf” evoca ogni tanto plettrate di “Another day” dei Cure, mentre una stramba “Clean Living” vede giocare la voce contorta e appassionata di Dan con i riff di chitarra che sempre più vispi si concedono ai riff di una coinvolgente “Bots!”, e all’incalzante ritmo della title track.

Ed ecco che proprio le chitarre sono orfane del talentuoso membro fondatore Steven Tyson, scomparso lo scorso dicembre, il quale ha inoculato il suo marchio di fabbrica nel sound della band e che rivive in parte in “Hazmat Suits”, brano punk ruvido e alternativo con divagazioni funk tanto care ai primipari Red Hot Chili Peppers.

Ovunque, le singolari inflessioni vocali di Dan diventano caratterizzanti tanto da diventare terapeutiche e, soprattutto, magnetiche e coinvolgenti come ad esempio nei sette minuti e quaranta della “efficace” closing track “Lines Discontinued”, dove a riff ricorrenti si alternano arpeggi inconsolati fino alle distorsioni finali che conducono al temine di questo secondo lodevole disco dei Mush.

Photo Credit: Sean O’Connell