In meno di cinque anni gli Idles sono già  arrivati a pubblicare quattro LP, eccitando il pubblico di tutto il globo con il loro post-punk e i loro live-show fatti di adrenalina pura: questa forzata pausa dovuta alla pandemia ha permesso loro di realizzare ben due album, “Ultra Mono”, uscito a settembre 2020 e questo nuovissimo “Crawler”, annunciato solo poco più di un mese prima della sua release.

Registrato durante la pandemia ai Real World, gli studi di proprietà  di Peter Gabriel vicino a Bath, il nuovo disco è stato co-prodotto da Kenny Beats (Vince Staples, Slowthai, Freddie Gibbs) e Mark Bowen, il chitarrista della band di Bristol.

Sebbene il frontman Joe Talbot abbia ribadito più volte di rifiutare di definire il loro sound come “punk”, questa volta non possiamo che dargli ragione perchè qui gli Idles cercano di aggiungere nuovi elementi alla loro musica per deviare le loro traiettorie sonore.

Come anche più avanti in “Car Crash”, nella opening-track “MTT 420 RR”, Talbot fa riferimento al suo incidente, avvenuto proprio contro questo tipo di potentissima moto, che lo ha portato vicino alla morte: inaspettatamente, seppur in un tipico clima molto cupo, l’album si apre con tocchi di elettronica che, nel corso dei suo cinque minuti e mezzo, vedono il tono crescere lentamente con Joe che nel finale grida ripetutamente in modo piuttosto disperato: “Are you ready for the storm?”. Dolorosa, probabilmente straziante, ma assolutamente sincera, la canzone gode del lavoro in produzione di Kenny Beat che li fa esplorare nuovi territori sonori.

Molto più rumorosa, invece, la già  citata “Car Crash” con quel continuo tono impazzito del basso di Adam Devonshire, che sfocia in un’esplosione di noise oscuro che la trascina verso la fine.

Il singolo “The Beachland Ballroom”, pur sempre dall’atmosfera buia, è più riflessivo e melodico di quel che ci si possa aspettare dal gruppo di stanza a Bristol e vede Talbot mettere la sua anima nei vocals, creando un brano nostalgico.

La seconda parte del disco, invece, si apre con l’intensa “Crawl!”: melodica e incazzata, è uno di quei potenti attacchi frontali punk-rock a cui la band inglese ci ha già  abituato in passato.

Dopo il breve (trenta secondi) interludio ambient “Kelechi”, a nostro avviso poco significante, ecco arrivare invece “Progress”, disegnato con synth e basso: dall’atmosfera sognante ed eterea (seppur come sempre rumorosa e cupa), questa canzone è senza dubbio quella che più ci sorprende tra le quattordici presenti sul disco.

Se vogliamo poi trovare qualche attimo di follia ecco “King Snake”, un brano dalla grande potenza hardcore punk guidato da una sezione ritmica martellante e distruttiva.

Quarantasei minuti in cui gli Idles sono riusciti a sorprenderci con alcune esplorazioni verso territori sonori non proprio abituali, riuscendo comunque a non snaturarsi: diversi e, in un certo senso, “strani”, ma non per questo meno validi. Se probabilmente per alcuni fan ci vorranno tempo e numerosi ascolti per accettare le nuove vie percorse dal gruppo di Bristol, l’interesse verso di loro non va di sicuro scemando.

Photo Credit: Tom Ham