Vi avevamo parlato di Harkin, nella primavera del 2020, in occasione dell’uscita del suo primo album omonimo, della sua precedente esperienza nella band  Sky Larkin (vale la pena spendere qualche minuto per per scoprire questa band che potrebbe riservare delle bellissime e inaspettate sorprese) e delle sue abilità  come polistrumentista.

Abilità  che le hanno permesso la registrazione dei dieci brani del nuovo album, nella camera da letto del suo piccolo bilocale accoccolato sopra un pub di Sheffield. L’album è stato quindi realizzato durante i lockdown inglesi e rilasciato dall’etichetta Hand Mirror, label fondata dalla Harkin con la moglie e poetessa Kate Leah Hewett.

Con piccoli contributi esterni per mix e mastering, Katie ha immaginato e concepito un album che segna un cambiamento di direzione rispetto al debutto e alla sua esperienza passata con gli Sky Larkin. L’elettronica sostituisce quasi completamente gli strumenti a corde se si eccettua “A New Day” dove una timida chitarra  è comunque protagonista nel brano più gioioso, splendente e brioso del lotto.

“Honeymoon Suite” oltre ad essere il titolo del nuovo album è pure il nome che la coppia ha dato al piccolo appartamento dove Harkin ha composto, registrato le parti elettroniche, sovrapposto le parti cantate mentre la moglie Kate svolgeva il proprio lavoro e i rumori del sottostante pub variavano e si modificavano a seconda degli orari e degli umori dei clienti. Non sorprende quindi che gli strumenti tradizionali e più consoni allo stile che ha sempre caratterizzato la Harkin passassero in secondo piano, una scelta quasi forzata dall’isolamento forzato dei lockdown.

A parte la conclusiva “Driving Down A Flight Of Stairs” – un brano di oltre undici minuti completamente strumentale, dove singole note si allungano sovrapponendosi con altre semplici note di basso, ottimo sottofondo per un’esperienza meditativa – l’aspetto melodico recita una parte da protagonista con la voce e le parole della Harkin a dettarne la linea.

Drum machine usata con garbo e competenza, addirittura suoni di tromba in “Here Again” l’uso del synth dettato dalla necessità , ci confermano l’ottima vena della musicista di Leeds che è riuscita a confezionare un ottimo album. Vedremo in futuro se ci sarà  un ritorno al vecchio stile. Probabilmente questa esperienza “elettronica” sarà  portatrice di nuove idee, magari una fusione tra il vecchio e il nuovo, lo scontro tra chitarre e synth, tra drum machine e vere batterie daranno spunti interessanti da approfondire.

Photo credit: Kate Leah Hewett