Nel corso degli ultimi anni di estimatori del buon vecchio Kanye “Ye” West ne sono rimasti veramente pochi. Pochissimi. Chiedete pure ad Ozzy Osbourne. Certo, l’autore di “Strong” esercita ancora una sorta di fascino recondito sulle folle e la sua fanbase – nonostante gli errori grossolani (tanto per usare un eufemismo) commessi dal Nostro – è rimasta pressoché intatta, ma è all’interno dello showbusiness musicale che qualcosa si è rotto. Quasi definitivamente. Difatti gli unici “seguaci” legati ancora in qualche modo a Kanye, si chiamano Travis Scott e soprattutto Ty Dolla Sign.

David Shankbone, Public domain, via Wikimedia Commons

Ed è proprio con quest’ultimo che West ha pubblicato (per la prima volta da indipendente) la sua nuova “creatura”, quel “Vultures 1″ prima annunciato, poi posticipato, poi nuovamente annunciato. Ad ogni modo, della lunga gestazione (chiamiamolo anche “caos organizzato”) che ha portato – come al solito – a proclami e rinvii vari, vi racconteremo poco o nulla. Kanye West, oramai, è questo. Prendere o lasciare.

“Vultures 1″, dicevamo. Si tratta di un disco sicuramente più immediato di “Donda” ma non per questo meno solido. Già. Perché al netto di tutte le – evidentissime – problematiche che lo affliggono, Ye è ancora un Artista con la “A” maiuscola. Va da sè, naturalmente, che l’album in questione giammai diventerà una sorta di pietra miliare della discografia del rapper di Chicago, ma rappresenta comunque un buon viatico per ritornare in pista. Curiosità tra le curiosità, in ben due tracce dell’opera, “Stars” e “Carnival”, sono presenti dei cori effettuati dai tifosi della curva dell’Inter (che compaiono pure nei crediti del disco) e poi campionati da Mister West.

“Keys To My Life”, invece, è una delle tracce più significative di “Vultures 1″. Il testo, infatti, parla della relazione – che tutti sappiamo come si è conclusa – fra Kanye e la sua ex moglie, Kim Kardashian. Musicalmente si tratta di un brano che naviga a vele spiegate fra le sonorità utilizzate nel recente passato da Ye e quelle più moderne dei suoi colleghi più giovani. In tal senso, l’apporto di Ty Dolla Sign non è quello di un mero comprimario. L’artista californiano, infatti, fornisce un contributo piuttosto incisivo per quelle che sono le dinamiche più cool dell’album. “Paid”, per esempio, oltre ad essere uno degli episodi più riusciti di Vultures, si evidenzia proprio per l’originalità dell’apporto di Ty, che conferisce al pezzo un peso specifico non indifferente nell’economia del disco.

Continuando ad addentrarci tra i meandri dell’album, possiamo affermare che “Paperwork” ricorda il Kanye (geniale) di “Yeezus” ma con delle sonorità ultramoderne, mentre in “Talking/Once Again” possiamo ascoltare addirittura la voce di North West, primogenita del Nostro e della sopraccitata Kim Kardashian.  Come suona, dunque, un nuovo lavoro di Kanye West nel 2024? Beh, i tempi d’oro di “808s & Heartbreak” e “My Beautiful Dark Twisted Fantasy”, appaiono piuttosto lontani (“The College Dropout” neanche lo nominiamo), così come quelli ancor più sfavillanti di “Yeezus”. È inutile girarci intorno: dopo “The Life Of Pablo”, Kanye West ha intrapreso una strada completamente diversa dal proprio (glorioso) passato.

Epperò, nonostante tutto, è innegabile che l’enorme talento di Ye stagni ancora lì, al confine fra i suoi demoni interiori (nonchè fra le tante dichiarazioni fuori luogo) ed il suo (grande) Sapere musicale. “Vultures 1″, in definitiva, è un disco da ascoltare con attenzione e curiosità, ma senza aspettarsi la magia di un tempo.