Sdraiato sul pavimento a pancia in su osservo il soffitto ma non guardo veramente. Troppo distratto dal contorno e dai pensieri. Non guardo attraverso. Mi fermo inerme nei pressi di uno sbiadimento schiacciante. Davanti agli occhi scorrono le immagini di pensieri autunnali. Odio questa pioggia martellante e il grigio che la sovrasta. Mi convinco sempre di più che il mio futuro non sarà  qui. Intanto i pori cutanei si allargano e lasciano filtrare all’interno la musica di “Restless Fall”. Esatto. Quest’autunno è irrequieto. Agitatissimo e tremendamente statico allo stesso tempo. Sommerso da una coltre di neve che deve ancora cadere ma che sembra già  aver tappato tutti i buchi da cui prima filtravano i raggi di speranze assolate e cocenti. Non me ne vorrà  Damien Rice ma stavolta c’è qualcuno che soffre e ama un po’ più forte di lui. Ed è italiano.

Attaccamento straordinario alla realtà  delle cose. Una chitarra acustica e una voce caldissima che trascina per i capelli anche l’anima delle mattonelle del pavimento fino alle porte di una bella sensazione (provare “Needles In My Heart”). Una voce che si ricorda di un’epoca americana targata grunge, che quando sceglieva un vestito diverso e più morbido per andare in scena sapeva colpire altrettanto forte al cuore; ecco quindi che “Did You Hit Me?” ripercorre i binari tracciati dalle atmosfere del famoso Unplugged degli Alice In Chains del 1996. A volte s’intravede il sorriso velato di tristezza di Jeff Buckley. La conclusione invece è affidata a una canzone che potrebbe rappresentare l’arma più romantica e spietata nell’arco di un Eric Clapton in versione acustica. Il folk brilla. Continuerà  a brillare anche sotto la neve e sotto le foglie morte che cadono da alberi infreddoliti eppure muti fino all’inverosimile. Foglie morte. Ottima la grafica targata Hellcat e altrettanto bello il concepimento dell’intero disco, chiuso dentro a un cartoncino ruvido da cui si estrae l’elegante ‘papiro’ dei testi. Profondità .

Questo disco scava e lo fa alla grande servendosi solo di una chitarra acustica. Uno degli episodi migliori del 2006 nel suo genere. Quando in un quadro il soggetto si adegua perfettamente al contesto dell’opera si parla di isomorfismo. Nel caso di “Restless Fall” è impossibile sfuggire a questo termine perchè la musica in esso contenuta non potrebbe incollarsi meglio a quello che si vede, osservando il paesaggio che dorme ad appena pochi centimetri fuori dalla finestra.