I fratellini Friedberger ritornano a Milano a due anni di distanza dal loro precedente tour, nello stesso locale che nel 2007 li avevi applauditi ed apprezzati con grande calore. Ma, forse un segno dei tempi, questa volta il pubblico sembra meno numeroso ed il locale più indisponente, costringendoli a comprimere la loro esibizione in tempi prefissati, stabilendo un orario finale che persino cenerentola non avrebbe rispettato, per lasciare spazio nientemeno che ad un party peruviano.

Limiti temporali a prescindere, condensare una carriera che ha attraversato, nei sei album di studio fino ad ora dispensati, tanti generi e tante citazioni, rielaborati sempre con una personalità  dirompente e con un’originalità  indiscussa, non è proprio possibile nell’ora abbondante concessa loro.
Corrono, allora, sciorinando i pezzi dell’ultimo “I’m Going Away”, discusso e controverso, e mischiandoli con recuperi del loro repertorio passato. Partenza tranquilla, morbida, per il primo pezzo, ma risulta subito evidente che l’assenza delle tastiere nasconde una serata all’insegna dell’elettricità  e del ritmo, delle distorsioni e del sudore. Le canzoni proposte, che siano tratte appunto dall’ultimo album o da uno dei precedenti lavori, subiscono un bagno totale nel ritmo, complici appunto i due fratelli, che usano i loro “strumenti” con una totale padronanza.
Eleanor dispiega la sua voce con sicurezza e generosità , un fiume di versi che corrono ora con dolcezza e trasporto, in quei pochi momenti di tranquillità , come nella stupenda “The End Is Near”, o nel ripescaggio del “Benton Harbour Blues”, ora con la rabbia e la spigolosità  dei pezzi più rock, come negli omaggi eighties dell’ultimo cd, “Staring At The Steeple” per esempio, sempre sorretta dalla chitarra elettrica di Matthew, che riversa sul pubblico bordate di feedback con sicurezza e padronanza delle “citazioni”, concedendo poco in quanto ad affubalazione verso la platea, ma compensando sicuramente con un incessante sequenza di accordi e riff.

Alle loro spalle, altrettanto sicuri e necessari per gli esiti musicali della serata, c’è una vera potenza ritmica, un basso ed una batteria che assecondano la coppia ma capaci anche capace di brillare di luce propria, con assoli e momenti di gloria vera.
La musica del duo americano, infatti, anche questa sera ha messo in campo tutta la ricchezza delle radici che l’ha fatta nascere e l’ha alimentata nel corso di questi anni, arrivando forse ad una versione meno d’avanguardia e più pop che in passato, ma mantenendo comunque l’attitudine di sperimentazione che l’ha sempre contraddistinta, ben lontana dal pop che si ascolta alla radio, quello delle classifiche. Anche se è apparsa evidente l’orecchiabilità  di molti loro brani, o per meglio dire di alcuni frammenti racchiusi in quelle piccole sinfonie che molto spesso risultano essere le loro canzoni.

Quando il concerto si chiude, dopo un paio di bis, accompagnato dagli insistenti applausi del pubblico, il refrain dell’ultima “Here Comes The Summer” non riesco a levarmelo dalla testa e posso solo rassegnarmi a canticchiarlo per tutta il resto della serata, senza preoccuparmi che si tratti dell’ultima hit della top40 nazionale.

Credit Foto: Ferran from Amposta / CC BY