L’unica data italiana (di questo tour estivo) dei Current 93, tocca l’Hey Sun! Festival di Padova. Ottima programmazione tra i suoni folk, intimisti e sperimentali di band come Xiu Xiu e Wovenhand, oltre che i suddetti longevi fondatori del neo-folk inglese.
La location è surreale: un parco (Giardino Fantasia) che ci proietta in una dimensione parallela tra Berlino e Londra, in un tempo indefinito, con un pubblico prettamente di nero-vestito.

Il reverendo David Tibet, unico membro costante del gruppo, festeggia per l’occasione i 25 anni di attività  coi Current 93 nonchè i propri 50 anni: a condire la festa un corollario di musicisti di tutto rispetto a partire dall’eccentrica Baby Dee, e poi James Blackshaw, Alex Neilson, Andrew Liles, Keith Wood, Sarah Dietrich.
Il clima che si respira è di assoluta tranquillità , gli artisti sono a cena nel tavolo di fianco al tuo, firmano autografi e si concedono a brevi contatti coi fan: Tibet è estremamente gioviale a dispetto di ogni mia attesa, beve vino e si sdraia in mezzo alla ghiaia prima di salire sul palco.
Insomma, fino a qui tutto perfetto.

Poi il concerto.
Baby Dee (con degli assurdi pantaloni pelosi a dalmata) si siede al piano, dando le spalle al pubblico, gli altri “‘vestono’ chitarre, microfoni, batteria e basi. E David Tibet compare per ultimo, che sembra proprio un’apparizione, tra il fumo e la melodia di fondo.
Dire che è emozionante vederli dal vivo, è dir poco. Sembra piuttosto di assistere ad un rituale di iniziazione, non so se i destinatari siano il pubblico di discepoli o gli stessi artisti sul palco.
Un paio di pezzi, poi Tibet dedica il concerto a Mr Sebastian, di cui ricorre l’anniversario della morte (Mr. Sebastian, ovvero colui che ai tempi degli Psychic Tv prestò la voce in vari monologhi, tra tutti, “Message from the temple” manifesto del credo del T.O.P.Y., Temple Ov Psychick Youth) e accenna qualche lacrima di commozione. Il pubblico applaude. Ma a me sembrava un po’ finto, vabbè.
L’acustica del posto non rende giustizia, ma i C93 sono davvero intensi e Tibet un reverendo ex-fricchettone d’altri tempi a cui non si riesce a non affezionarsi. “Invocation of Almost”, incipit di “Aleph At Hallucinatory Mountain” è bellissima, tra la voce ipnotica della recitazione di Tibet, la melodia delle frenetiche dita di Baby Dee e le chitarre stridenti e distorte.
Poi vecchi e nuovi brani dalla sterminata discografia a cui ci si abbandona ad occhi chiusi, pronti per ricevere con ogni senso il linguaggio della musica profetica di Tibet in tutta la sua raffinatezza punk.

E alla fine giunge il coprifuoco. L’organizzazione decide che è troppo tardi e, previo annuncio dei C93 a cui avevamo creduto in pochi (non si fa sempre così ai concerti? Si dice che bisogna finire presto, poi il gruppo supportato dal pubblico in estasi si concede sempre di “sforare” un po’ coi tempi), svanisce il concerto, così, senza il pathos necessario.
Peccato, accidenti.

Come minimo mi aspettavo finisse con un sacrificio umano/animale, come ogni rituale religioso pagano che si rispetti. Ma niente. Amen.

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