A maledetta invidiosa questa Berlino – più o meno teutonica ““ che sgomita elettronica e bollette d’energia salate per ritagliarsi un posto al sole (eufemismo) pur di andare alla pari con le grandi realtà  rock & affini d’Europa o del resto del mondo: in realtà  la caratterialità  dura ed epilettica delle sue rappresentanze sonore ““ tra tutte Einsturzende Neubauten ““ non hanno mai fatto nulla per portare un po’ di calore ben sotto il parallelo su cui sono ubicate e di conseguenza la ‘terza fila di scena, se non quarta’ rimane appiccicata a vetrofania tra il muso duro della porta di Brandeburgo e le decadenze grigio topo dell’eterno walzer proto-post-new wave.

Il collettivo dei berlinesi Herpes, rappresentati da un “‘viso emaciato e strafatto’ sulla cover del loro “Das Kommt Vom Kussen”, non apportano certo il gusto della scoperta, della sfida o il collegamento spontaneo che può riallacciarsi al fattore novità , semmai una rubricazione attuale di quello che è sempre stato mangiato e digerito in passato del piatto forte della terra natia: ovvero il classico rumore frenetico ed industriale che aggancia post-punk, noise quanto basta, elettronica a go-go tutte rigorosamente confezionate in carta scura e funesta.

Provano ad incorporare il ghigno sardonico dei Devo con le disfatte impazzite degli Joy Division, Suicide e Killing Joke che giocano alla mosca cieca e l’anarchia dentro un temperamento ancora infante; e poi sinceramente basta con questi anni 80 rivoltanti e rivoltati come un catetere fuori produzione, la fantasia è ben altra cosa, ma del resto ““ come cita un proverbio popolare ““ ‘chi di gallina vien, vien su che ruspa’ e gli Herpes mantengono alta e prospera la tradizione ““ finchè dura – .
L’incontro con questo disco, certamente non è uno di quelli che passano in sordina, se non altro per il frastuono goliardico e radiofonico di battute punkys “Verstimmt I, Very Berlin”, una buffa rapina ai danni di plastificati Rockets “Keine Experimente”, gli sculettamenti robotici “Verzettelt” o i fiati sintetici glammy di “Galeristen”, ma tutto quello che lega ““ e intristisce – la prosciugata vena di questo inutile lavoro è in fondo l’irrequietezza di giovani baldi “‘tedesken’ spesa inutilmente in questo mestiere, giovani che ancora seguitano a batter cassa su una cosa sfondata da tempo e pigiare il tasto dolente e abusato di un mal di vivere ante e post adolescenziale che non rende più.

Resisteranno i nostri eroi per cambiare il loro futuro? Chissà , ma noi certamente non lo sapremo e conosceremo mai.