Darkettoni, metallari, indie-rockers, ascoltatori distratti, gente di mezza età  e post-adolescenti. I Grinderman sono riusciti a riunirli tutti, in un ex-Palacisalfa gremito e dall’atmosfera al contempo pregna di trepidazione e di rilassatezza. La band arriva presso il palazzetto dentro un macchinone con i vetri oscurati. Ecco Ellis, Sclavunos e Casey, e per ultimo Cave, un po’ zoppicante. Sarà  un suo modo grottesco di deambulare, o c’è qualcosa che non va? Lo sapremo solo durante il concerto, quando Nick confesserà  al pubblico di essersi fatto male durante la data di Milano. Ci dice che la chitarra gli è atterrata sul ditone e quindi non potrà  dimenarsi come suo solito. Davvero Nick? Perchè durante il concerto non ci è parso proprio.

Credevo che Trent Reznor fosse il frontman più carismatico e poderoso rimasto in circolazione. Invece il più che cinquantenne australiano è davvero una forza della natura, intenso e, come dire, comicamente incazzato più o meno per tutta la durata della performance. L’altro animale da palcoscenico è il mefistofelico polistrumentista Warren Ellis, che già  avevo avuto occasione di ammirare alcuni anni fa con i Dirty Three in un concerto spettacolare. Come d’altronde si rivelerà  questo. L’unico problema è stato il seguente: mentre fuori il frescolino di una stagione ancora indecisa tra l’estate e l’autunno accarezza le ossa portando con sè grigi presagi invernali, dentro il palazzetto la temperatura diviene ben presto incredibilmente alta.

Il live parte alla grande con la pulsante, martellante “Mickey Mouse And The Goodbye Man”. Sclavunos e Casey, più composti di Ellis e Cave, costituiscono una solidissima sezione ritmica, mentre le due chitarre tuonano e stridono fin quasi a formare un unico indistinto, annichilente muro del suono. Re Inchiostro ulula e ciondola come uno sciamano, però in questo caso vestito da gangster. No, tutto ciò è troppo convincente per poter pensare a parole come ‘è solo mestiere’ o ‘è tutto un esercizio di stile’. No, i Grinderman (e quindi i Bad Seeds“…anche se la scaletta si atterrà  diligentemente al disco della scimmietta e a quello del lupo) ci sono al 100%. “Worm Tamer”, “Heathen Child”, “No Pussy Blues”, “Evil””…sono monoliti irruviditi che rifulgono di una bellezza infernale, perversa, direi quasi sensuale. In ogni caso lo show è divertentissimo. Già “…non mi capita molto spesso di usare questa parola per descrivere un concerto. Eppure è così. I Grinderman sono, come direbbe un giornalista ‘mainstream’, ‘sporchi e cattivi’ ma anche carichi, secondo me, di grande (auto)ironia. ‘Giovanili’ nell’approccio ma mai patetici. Potenti e rabbiosi ma anche dotati di classe e charme (si veda pure il modo gentile e confindenziale in cui Re Inchiostro interagisce con il pubblico tra una canzone e l’altra). Che volete di più?

Non dimenticherò facilmente i sibili impazziti e la carica travolgente di “Honey Bee” o le urla isteriche di Kitchenette, nè la voluttuosità  hard-rockettara degli assoli di “Man On The Moon” o l’ipnotismo ammantato di funerea tenebrosità  di “Grinderman”.

Signori, il concerto dell’anno. Godiamoci sti tizi ora perchè mi sa che saranno gli ultimi della loro specie.

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