Gli Stereolab fanno lo stesso disco da quasi vent’anni, ma lo fanno dannatamente bene. E anche quest’ultimo ed inaspettato “Not Music” non sfugge al proprio destino: la solita miscela in parti uguali di kraut ed easy listening anni ’60 ““ più o meno come se il mondo si fosse fermato a Gainsbourg feat. Jane Birkin e ai Neu! – con occasionale contorno di bossa nova, Velvet Underground ed elettronica pionieristica alla Kraftwerk. “Not Music” è sulla carta il loro nuovo disco ma in realtà  non lo è, visto che contiene materiale proveniente dalle session del loro precedente “Chemical Chords”. E dunque brani che escono già  vecchi di due/tre anni e che però potrebbero però essere vecchi di vent’anni o solo di sette. O magari di quaranta. O magari immortali.

Ma in definitiva può esistere davvero un disco nuovo degli Stereolab? No, perchè gira e rigira il suono e sempre quello. Non si scappa: leggi il nome e sai già  come il disco suona, sai già  che ci sarà  qualche sfumatura che non hai colto nelle opere precedenti (e se non c’è farai di tutto per coglierla ugualmente), sai già  che si concluderà  con un brano dal minutaggio di dieci minuti circa, sai già  che sarà  sperimentale eppure dannatamente accessibile. Inutile perdersi in noiose dissertazioni sui brani presenti (tanto si potrebbero copiancollare a caso brandelli di vecchie recensioni trovate in rete avendo cura di cambiare i titoli e nessuno se ne accorgerebbe), gli Stereolab vanno presi in blocco così come sono. O piacciono o non piacciono, o annoiano a morte o ti ci perdi dentro e non ne esci più.

A me piacciono parecchio, soprattutto visto che “Not Music” è probabilmente il loro ultimo disco prima dello scioglimento, il loro commiato ai fan più devoti. Ma niente paura: la loro cantante Laetitia Sadier ha già  intrapreso una carriera solista, e la sua proposta musicale ovviamente è identica a ciò che faceva con gli Stereolab. San fare solo quello, ma lo fanno con gran classe.