Angel Olsen è divina, si sa. Questo è un dato oggettivo, assodato.
Ogni suo disco ha sempre riservato attimi di intensa gioia musicale, di poesia del suono.
Ed è così anche per “Phases”, ultimo lavoro in studio della cantautrice statunitense.
Un disco più intimo del precedente “My Woman” (2016), ma non per questo meno potente, anzi.
Un album fuori dal tempo e dallo spazio terreno, che trasporta in una dimensione parallela alla routine. Si tratta infatti di un album costruito a lato dell’ufficialità : “Phases” raccoglie l’oltre, l’eccesso, lo scarto della produzione cantautoriale e musicale di Olsen. Sono i B-sides, le cover, i demo e gli inediti degli ultimi cinque anni di attività  artistica, trasformati in una intensa e personalissima lettura di quello che è stata finora la sua carriera e la sua storia. Emblematica in tal senso è la copertina, una e plurima, dove vengono sovrapposte varie immagini della musicista, scattate nella stessa situazione ma che emanano stati d’animo differenti.

“Phases” è il regno del riverbero fin dal primo pezzo “Fly On The Wall”, brano composto per la rassegna “Our First 100 Days” ,contribuendo subito a creare un clima di adorante indagine interiore e profonda emotività .
Olsen ha una vocalità  ricca di personalità , lirica, avvolgente e gotica, che non può fare a meno di essere protagonista assoluta del palcoscenico insieme alla fedele chitarra.
Un suono unico, che trasmette dolcezza e durezza al tempo stesso: una voce morbida e tagliente, cupa ma chiara nei suoi intenti, tanto razionale quanto emozionante.
Testi potenti, a tratti malinconici, tracciano una cornice attorno alla storia musicale di questa songwriter il cui talento non può e non deve passare inosservato.
Tutte le tracce si collegano le une alle altre a livello sentimentale, seguendo la linea incostante di quella crescita personale che per sua natura non è mai facilmente identificabile o inquadrabile in regolari codici ed etichette.
“Special” ha tocchi più dark, che subito si spengono nella dolcezza di “Only With You”, dove si canta la poetica e terribile bellezza dell’amore. E poi “May as Well”, dove la voce della Olsen emerge in tutta la sua vibrante, semplice e pura potenza emotiva. “Sweet Deams” si riempie di echi rock, mentre “California” confessa i più intimi desideri con splendente onestà , sussurrandoli tra vibranti corde vocali. E poi la toccante e pura cover di “For You” di Roky Erickson che si scioglie nel blues dai tocchi folk di “In the Pines”.
“Phases” è un continuo e piacevole elastico legato stretto all’anima, tra picchi e distensioni, dove si alternano sgardi di una logica incorruttibile e emotive malinconie, sempre con il coraggio di guardare i sentimenti in faccia. Un diario segreto rubato e reso prodotto di massa. Ma mi va bene, non ho nulla da nascondere, dice la stessa Olsen.

E in chiusura “Endless Road,” cover di Hoyt Axton che è forse il brano che emblematizza l’intento ultimo del disco: la ricerca di sè, senza sosta e senza mai sentirsi arrivati, con la consapevolezza dei rischi da correre per conoscersi veramente e per vivere la vita in pieno.

Ma il gioco, dopotutto, vale la candela. Soprattutto se il risultato è questa musica, così contemplativa e intensa, che tripudia di talento e creatività .

“Phases” è un disco che nasce da quelle che dovevano essere le braci morte e abbandonate di un focolaio creativo e che invece si spegne su una strofa capace di rimanerti incollata addosso, in tutta la sua sudata speranza: Beh, forse da qualche parte c’è un qualcuno che aspetta con un sorriso di fermarsi e riposarsi. E forse tu non dovevi essere solo una pietra rotolante. E c’è una strada sulla quale viaggiare che ti riporta a casa.

Photo Credit: Angela Ricciardi