E’ una serata di fine estate, anche molto calda per i miei gusti. Particolarmente umida, ma con un cielo limpido e stellato. E’ la serata del ritorno a Roma di Julia Kent, ex violoncellista dei Rasputina e collaboratrice di Anthony and the Johnsons. Il locale, l’Init, sembra trasformarsi in un rifugio per pochi eletti. Il pubblico, composto da circa 40 persone, assiste silenzioso all’inizio di una serata particolarmente soffocante. Per non farci mancare niente, anche i condizionatori vengono spenti, in modo tale che la musica non possa essere disturbata dal rumore continuo dei macchinari.

L’inizio della serata è affidato ai romani Lloyd Turner, che con la loro musica strumentale si avviano ad ipnotizzare il pubblico. Julia Kent siede nella penombra della sala ad ascoltarli, in modo composto, con lo sguardo rivolto al palco. Quando arriva il suo turno, sale su un palco interamente suo, spoglio, ad eccetto di un pianoforte consumato, posizionato sulla sua sinistra. Lei sola, assieme al suo violoncello, un PC ed una lunga pedaliera posizionata sotto ai piedi. Non li dimostra i suoi 50 anni, con la sua presenza scenica timida e umile verso chi è venuta a vederla questa sera. Lentamente si sistema, seduta su una sedia di legno, gambe divaricate e mani pronte ad immettere magia nella sala. Inizia a suonare partendo proprio dal suo ultimo disco “Green and Grey” con “Acquario”.

Il pubblico ascolta silenziosamente. Julia apprezza l’attenzione ed il silenzio collettivo(un po’ meno l’aria soffocante che siamo costretti a respirare). I suoni iniziano ad incantare i presenti, avvolti dall’atmosfera minimale e dalle trame sonore che la Kent inizia a tessere. La decisione con cui pizzica le corde, la forza leggera ma incisiva con cui muove l’arco è un piacere per la vista. Se la lettura ha il potere di farci viaggiare, non di meno è la musica del suo violoncello. Sembra trovarsi in diversi posti contemporaneamente. C’è un po’ di elettronica tra un pezzo ed un altro. Stupendo il momento quando arriva “Guarding the Invitation”, capace di catalizzare i nostri pensieri e le nostre orecchie.

La scaletta scorre via nella quarantina di minuti in cui si esibisce, rivisitando un po’ alla volta, alcuni brani dei suoi dischi. C’è anche il tempo per un bis, con la bellissima “Arlanda”, degna conclusione per una serata in cui avrei voluto solo farmi riscaldare dal suono incantevole di Julia Kent.

Grazie a MariaLaura
Foto Thanx to Gabriele Negri NimahelPhotoart