Su Diamond Rings due anni fa non ci avrei scommesso un euro. Dopo aver visto in giro qualche foto del soggetto, tale John O’Regan, canadese di bell’aspetto, conciato con un make-up a metà  strada tra Bat for Lashes e una Bjork in modalità  “Volta”, montato per di più su di un fisico da skater provetto, ho alzato gli occhi al cielo, abbozzato un ghigno e interpretato il miglior facepalm che potessi, da premio alla carriera ai Razzie Awards.

Eccolo là , ho pensato. L’ennesimo artistuncolo pop che sfrutta la propria ambiguità  sessuale a fini commerciali, alla stregua di una Lady Gaga e Katy Perry bisessuali per contratto. L’ennesima popstar gettata nel tritacarne midstream che se dura un paio di settimane siamo fortunati. Forte di questi pensieri, senza nemmeno scomodarmi nel reperire quel “Special Affections” del 2010, sono andata oltre.
Errore madornale da scomunica istantanea! Tacco, punta e due passi indietro in moonwalk. Così come i fedeli più ferventi sono in grado di intravedere nelle increspature delle nuvole, durante una giornata di maltempo, le fattezze della divinità ; così come i credenti più ortodossi sono capaci di riconoscere nella disposizione dei fagioli in una tortilla i connotati di supremi esseri sovrannaturali, così io, eretica del synth-pop, grazie ad un’occhiata fugace alla copertina di “Free Dimensional” ho trovato la strada della redenzione.

L’artwork patinato, su cui si erige un asessuato Diamond Rings, è stata la chiave che mi ha permesso di dare una seconda chance al musicista canadese. Ebbene, il signorino O’Regan non è un retromane per dirla alla Reynolds, dagli anni ’80 infatti non ha mai messo il muso fuori. “Free Dimensional” potrebbe essere benissimo un disco del 1982 rinvenuto 30 anni dopo tra i meandri di un deposito abbandonato, grazie alla solerzia di archeologi con dottorato in musicologia applicata.
Parente molto stretto di “A Broken Frame”, dove i Depeche Mode sfoggiano per l’ultima volta un mood allegro e disimpegnato, “Free Dimensional” è un viaggio a ritroso nel synth-pop storico, riproposto dopo un attento e lungo restauro volto a svecchiarne il suono, sostituendo ai sintetizzatori d’epoca modelli digitali che restituiscono un suono più pulito e chiaro. La revisione però non si è limitata al solo repulisti generale, ma ha riguardato anche l’inserimento di “citazioni” a connotare il nuovo corso musicale in ambito pop: in “All The Time” e “Put Me On” ritroviamo il funk declinato alla maniera Rapture, mentre in “(I Know) What I’m Made For” e “Day & Night” sono stati inseriti doverosi riferimenti all’hip-hop con scenografica censura.

“Free Dimensional” è un gradevole excursus nei sofisticati effetti speciali del pop. L’album si regge su di una tracklist solida, con brani catchy e provocanti dove John O’Regan sfoggia il suo seducente crooner. Uomo o donna, gay o etero, Diamond Rings sfuma i confini tra i generi e la sessualità , riuscendo a produrre un pregiato synth-pop indipendentemente da come gli altri lo percepiscano.
Diamond Rings non ha reinventato il synth-pop, ma lo ha corretto quel tanto che basta per renderlo più appetibile rispetto al nuovo stato dell’arte. Volendo fare un paragone col mondo dei software, Diamond Rings ha proposto il suo upgrade nel contesto open source della musica digitale. Bello, brutto, da rifare”…alla Wikipedia del futuro l’ardua sentenza, intanto noi contemporanei ci facciamo bastare il piacere dell’attualità , dimenandoci come ossessi sulle note di “Runaway Love”.