Ricalcano le scene discografiche dopo un lungo silenzio, e lo fanno con “Kablammo!”, una estrazione quasi accademica della loro prestanza musicale con cui si sono fatti conoscere dall’inizio, brani che li riportano alle grandi luminarie della loro essenza, del proprio essere forza motrice di un pop-rock illimitato, effervescente.

Tornano gli Ash e si risentono circolare le belle schitarrate, le melodie che centrano il cuore senza prendere la mira, le perturbazioni punkyes ed il rock malleabile delle grandi occasioni, dodici brani in cui viene accantonata ““ in modo sensibile ““ l’elettronica inserendo archi e tasti di piano creando entusiasmo e completezza estetica in surplus da parte dell’ascoltatore. Tutto è rodato e perfetto, una macchina sonora questa dei Nordirlandesi che gira a mille, un ritrovato senso dinamico e scattante che nella strofa/ritornello “Let’s ride”, “Machinery”, “Free” da il meglio come nelle romantiche incursioni “Moondust”, “Dispatch”, se poi vogliamo darci un piglio vorticoso basta lasciarsi agganciare dall’impeto elettrico di “Shutdown” e chi s’è visto s’è visto.

Wheeler e Soci ci stanno dentro alla grande, un “Kablammo!” che fa onore e merito a chi crede in se stesso e nel proprio talento immenso. Prosit!

Credit Foto: Steve Gullick