Il pentolone underground di casa nostra ritorna a “borbottare” belle cose, piccoli grandi segnali che ricollocano a testa alta il fermento energetico di chi ha da dire ““ in musica ““ qualcosa di veramente interessante. Prendiamo a caso i marchigiani Elpris, sestetto versato in un rock folk cantautoriale, qui al debutto omonimo, dieci tracciati che si stampano a presa rapida in testa e nel cuore, dieci tratti poetici che parlano di ironia, mondo, quello sta intorno e di vita, e tutto in un intrigante “bailamme” semplice, dolce, amarognolo, festaiolo.

Il disco è di un’agilità  sonante apparentemente d’altri tempi, ma invece vive la propria realtà  quotidiana, quella della società , un contemporaneizzato poetico che tra ballate, scatti elettrici, quattro salti piazzaioli e una perfetta tecnica espressiva ““ una bellissima voce guida il tutto “Frizza” ““ ne fanno un disco che sebbene alle prime “affacciate” dimostra mestiere e professionalità  ben affilata. Chitarre, violini, organetto, odori stravolti di “MCR” e profumi avvinazzati da cantina riempiono l’aria d’ascolto, un bel motivo per far copulare la notte al confine con l’alba, e allora il pathos a giugulare gonfia “Glu bordeaux”, la sarabanda goliardica “Pillole”, “Poppeggiando” e quel filino Irish Billy Bragg style “Megalopoli” sono perfette complici per guardare la luna e sperare a cuore scardinato “Montagne”. Esordio DOC!