In una Milano avvolta nella nebbia, Lisa Hannigan è il miglior faro possibile. Un faro caldo, vellutato, mai invasivo, accomodante. Il suo ultimo “At Swim”, prodotto da Aaron Dessner dei National, l’ha finalmente consacrata come cantautrice bella e fatta, pronta. In una parola, matura. C’era dunque grande attesa per capire come l’album avrebbe figurato dal vivo, senza la mano di Aaron alle manopole. Ebbene, la Hannigan e la sua band non deludono. Laddove gli intarsi di produzione presenti su disco latitano, emergono soluzioni di arrangiamento più elettriche, come sul finale di “Tender” e “Knots”, inclusa nel penultimo “Passenger” e capace di catapultarci nel bel mezzo di un pub di Galway.

I pezzi di “At Swim” la fanno da padroni in scaletta, e sottolineano come la Hannigan sembri davvero aver trovato la quadratura del cerchio rispetto al passato. Il suono è più corposo e atmosferico allo stesso tempo: è un altro livello, insomma, e le rendition delle varie “Prayer for the Dying”, “Snow”, “Lo”, Undertow, “We, The Drowned” (intensissima), la succitata “Tender” e “Barton” (dove compare anche un drum-pad) lo confermano. Anche se il pubblico milanese dimostra di aver atteso questa serata abbastanza, accogliendo con entusiasmo il catalogo precedente, da “Little Bird”, “Passenger” e “O Sleep”, con cui la setlist prende inizio, fino all’ormai famosa “What I’ll Do”, passando per la splendida “A Sail” (picco emozionale dello show) e il numero acappella di “Anahorish” (che dire? Magica).

A sugellare il tutto ci si mette ovviamente la voce di Lisa, che non sembra risentire più di tanto di un evidente infreddatura e che anzi è generosa di complimenti verso l’Italia e gli italiani (Abbiamo passato una giornata meravigliosa e avuto la cena più buona del tour finora, dirà ). Frasi di circostanza, forse. Ma non credo, quel sorriso non mentiva. Quanti c’erano ieri sera penso concorderanno. E tutti gli altri – fossi in voi, non mi farei sfuggire il prossimo passaggio da queste parti di questa adorabile donna irlandese.