di Stefano Azzolini

Nella mia trentennale carriera di ascoltatore, nel corso degli anni, ho potuto apprezzare i Rage Against The Machine, i Public Enemy ed, in parte, anche i Cypress Hill. Ora mi trovo innanzi a questi Prophets Of Rage e devo fare una doverosa considerazione. La mossa piu’ astuta per Tom Morello sarebbe stata quella di trovare un sostituto/clone di Zack De La Rocha e continuare imperterrito a navigare in placide acque, invece, con una mossa a sorpresa, decide di cambiare le carte in tavola (diamogliene atto) e formare questo nuovo combo con Chuck D (Public Enemy) e B-Real (Cypress Hill) ad alternarsi alla voce e qui, ahimè, iniziano le note dolenti (non per colpa dei 2 rapper, sia chiaro, che in fatto di personalità  non hanno nulla da invidiare a Zack), sopratutto per una mancanza cronica di idee che affligge l’intero album d’esordio e forse l’intero progetto.

Dopo un EP uscito alcuni mesi fa, i P.O.R. arrivano a questo full-lenght di 12 brani dove (ovviamente) l’influenza principale sono i R.A.T.M., com’e’ logico che sia, dira’ qualcuno, ma fino a qui niente di così triste, il problema principale e’ che l’album, nel suo complesso e sopratutto con i musicisti che ci suonano dentro, davvero non funziona a dovere, anzi, gira spesso a vuoto. Brani come “Legalize me” sono imbarazzanti, cosi’ come la funkeggiante “Take me higher” o l’orrida “Strenght in Numbers” dove viene suonato (è la chitarra di Morello a fare quel rumore e non un campionamento, come avevo inizialmente pensato) fino alla nausea il chiocciare di una gallina (!!!), a questo punto se voglio sentirmi un pollo in un brano musicale vado a ripescarmi il classico tecno-dance anni ’90 “El Gallinero” di Ramirez (che detto per inciso stravince la sfida tra polli, altro che combattimenti clandestini tra galli!).

Altre canzoni sono solo una brutta copia di brani e riff dei R.A.T.M., ascoltatevi il brano di apertura “Radical Eyes “, “Hail to the Chief” oppure “Smashit” che sembrano scarti dai precedenti lavori della band citata e, tra questi lavori, non voglio nemmeno scomodare il loro album d’esordio capolavoro, perchè in quel caso pure uno scarto avrebbe fatto un figurone, ma parlo del secondo e del terzo. Se poi inseriamo frammenti stravaganti e totalmente inutili come “Counteroffensive”, 37 secondi in cui ti chiedi “perchè“?, beh, c’è poco da stare allegri. Che l’andazzo sarebbe stato questo ce lo aspettavamo, ma così senza mordente e senza spunti di rilievo francamente no.

Tra la mediocrita’ qualcosa si salva. Un brano come “Fired a shot”, che sembra avere più un piglio targato Public Enemy, e il pezzo migliore del lotto, ovvero,   “Unfuck the world” non sono disprezzabili, ma purtroppo non riescono nell’intento di salvare la faccia a questo album. Alla fine dell’ascolto si rimane con l’amaro in bocca e non viene certo la voglia di ripartire con l’album, al massimo si passa a qualcosa delle band prese singolarmente, ma non certo questo pasticcio. Peccato, grossa occasione sprecata.