Nel 2018 i Nine Inch Nails torneranno a far sentire nuova musica pubblicando l’ultima parte della trilogia di EP iniziata nel dicembre 2016 con “Not The Actual Events” e proseguita nel luglio 2017 con “Add Violence”. Quale modo migliore per prepararsi all’uscita del tanto atteso mini-album se non andarsi a riascoltare questi due precedenti lavori? Dopotutto, non siamo certo di fronte a episodi minori all’interno della discografia dell’ormai trentenne progetto industrial guidato dal deus ex machina Trent Reznor, per la prima volta affiancato in pianta stabile da un altro membro, lo storico collaboratore Atticus Ross. Sempre più spesso i due ““ già  membri degli How To Destroy Angels insieme alla moglie di Reznor, la cantante Mariqueen Maandig – uniscono le loro forze per cofirmare colonne sonore sperimentali, sospese tra atmosfere ambient e drone simili a quelle espresse dai Nine Inch Nails nell’album strumentale “Ghosts I-IV” (2008). Tra le loro soundtrack più note, apprezzate e premiate c’è quella realizzata nel 2010 per il film di David Fincher “The Social Network”, che valse alla coppia una storica doppietta ai Golden Globe e agli Oscar.

Le canzoni di “Not The Actual Events” e “Add Violence” sono frutto di un lavoro congiunto: una grossa novità  in casa Nine Inch Nails, solo fino a poco tempo fa essenzialmente un progetto solista di Trent Reznor, affiancato in sede live da musicisti sempre diversi. Ciò nonostante, i due EP rappresentano una sorta di ritorno alle origini per il vulcanico polistrumentista statunitense: in “Branches/Bones” e “The Idea of You” (da “Not The Actual Events”) le chitarre non saranno taglienti come quelle che si sentono nei classici “Pretty Hate Machine” e “The Downward Spiral”, ma sono quanto di più abrasivo i Nine Inch Nails abbiano fatto sentire dalla fine degli anni Novanta a oggi. Stesso discorso per “Burning Bright (Field on Fire)”, un brano dalla struttura tipicamente pop schiacciato da un’atmosfera plumbea che sembra quasi soffocare gli strumenti, e soprattutto per “She’s Gone Away”, la lugubre marcia interpretata dalla band sul palco del Bang Bang Bar in uno degli episodi più allucinati e allucinanti dell’ultima stagione di “Twin Peaks”. In “Add Violence” la matrice elettronica è in maggior evidenza: tuttavia si tratta di un’elettronica ruvida e dark, lontana anni luce dagli eleganti groove dell’album “Hesitation Marks” del 2013. In “Less Than” Trent Reznor offre un’interpretazione “rumorosa” del concetto di synthpop, mentre nei quasi dodici minuti di “The Background World” dispiega un pulsante mantra di beat sintetici che, nell’interminabile coda finale, si dissolvono in una sfrigolante distorsione da rumore bianco. I Nine Inch Nails non suonavano così perentoriamente “industriali” dai tempi di “The Fragile”, il capolavoro doppio datato 1999, dalle cui sessioni di registrazione potrebbero benissimo essere usciti i riff perversi di “Not Anymore” e le chitarre pizzicate di “The Lovers”. Molto interessante infine “This Isn’t The Place”, una suadente ballata trip hop che deve più di qualche spunto al downtempo felpato e raffinato di scuola Portishead.

“Not The Actual Events” e “Add Violence”, nonostante qualche differenza, si completano perfettamente a vicenda presentandoci un Trent Reznor non più ispirato come in passato, ma ancora capace di dimostrare il valore della sua personalissima visione artistica. Le esperienze parallele degli ultimi anni e il prezioso contributo di Atticus Ross hanno permesso ai Nine Inch Nails di evolvere senza voltare le spalle al passato. Restiamo in attesa dell’ultimo EP della trilogia per tirare le somme.