Thom Yorke ama sorprendere, stupire. L’annuncio del nuovo album solista è arrivato dopo misteriosi cartelloni pubblicitari apparsi a Londra e Milano con in calce numeri di telefono, che se chiamati rivelavano l’esistenza dall’altro capo del filo di un’altrettanto misteriosa azienda chiamata Anima Technologies. Qualche secondo di “Not The News” completava il quadro, scatenando la curiosità  dei fan.

Pochi giorni dopo la conferma che l’atteso disco del frontman dei Radiohead si sarebbe chiamato “Anima”, in omaggio alle teorie dello psicanalista e psichiatra svizzero Carl Jung. Co – prodotto dal fido Nigel Godrich è accompagnato da un cortometraggio ispirato a Max Linder e all’era del film muto, girato da Paul Thomas Anderson con le coreografie di Damien Jalet (che come Yorke ha lavorato con Luca Guadagnino alla nuova versione di “Suspiria”).

Quindici minuti che a tratti sembrano la versione musical di “Black Mirror” in cui Thom Yorke recita a fianco dell’attrice e compagna Dajana Roncione con in sottofondo tre tracce dell’album: “Not The News”, “Traffic” e “Dawn Chorus”. Forse solo i The National con il recente “I Am Easy To Find” avevano osato tanto.

“Anima” è un disco di elettronica minimalista, spartana, con chitarre e batteria ridotti al minimo. Risente, non in modo spiacevole sia chiaro, del gran lavoro che Thom Yorke ha svolto negli ultimi anni, realizzando colonne sonore per film e documentari e avvicinandosi alla musica classica con la composizione per piano “Don’t Fear The Light”.

La musique concrète e i loop ripetuti spesso usati da Flying Lotus sono stati tra le principali fonti di ispirazione dell’album, ovviamente rielaborati dall’estro della coppia Godrich ““ Yorke che li trasforma nel ritmo lento e costante di “Traffic”, in “Not The News”, nella straniante melodia di “I Am A Very Rude Person”.

Brani in cui Yorke si nasconde dietro gli arrangiamenti, puntando più sulla tecnica vocale e sul tono surreale dei testi che sul coinvolgimento emotivo. Coinvolgimento che comunque arriva in “Dawn Chorus” e “Last I Heard (“…He Was Circling The Drain)” nei sette sognanti minuti di “Twist” e in “The Axe” che approfondisce il rapporto tra uomo e tecnologia con l’aiuto della batteria di Joey Waronker.

Phil Selway suona invece nella sinuosa “Impossible Knots”, altro pezzo in cui si esplorano le potenzialità  di una voce scomposta, robotica, che diventa quasi aliena nella claustrofobica conversazione tra uomo e macchina di “Runwayaway”.

“Anima” è un esperimento, uno scrigno che racchiude le mille anime del Thom Yorke solista. Non ha il ritmo di “The Eraser” o l’armonia di “Tomorrow’s Modern Boxes” nè pretende di averli. Non è un capolavoro ma un album figlio del suo tempo: cupo, nervoso, diffidente, cerca di venire a patti con una tecnologia sempre più invadente e disumana.

Credit foto: Alex Lake