Dopo aver ascoltato i primi due EP della band di Chicago, formata da  Dalton Allison (basso), Jake Hirshland (chitarra/tastiere), Javi Reyes (chitarra), Wesley Toledo (batteria), Matt Williams (chitarra)  e Joe Kerry  (chitarra – ma quel Joe Kerry? Lo Steve Harrington di ‘Stranger Things’? Lui.) l’idea che mi sono fatto è stata chiara e limpida: ecco una band di ragazzi  (di certo non working class heroes)  che giocano a fare, se non proprio i Pink Floyd, la rock band psichedelica anni ’70 senza aver vissuto gli anni ’70, tra riff lisergici ed allucinati, spartizione della parte cantata e lineari quanto ortodossi virtuosismi strumentali.

Ma della mia opinione i Post Animal sembrano proprio esserne inconsciamente fregati poichè, fermo quanto sopra, hanno deciso con questo primo lavoro in studio – auto registrato e prodotto – di creare una sorta di videogioco d’azione a livelli  che spazia tra più generi e mood con balzi e capriole,  a scorrimento ondulatorio e vertiginoso.

Gli arpeggi, la pioggia e i suoni 8bit  della intro “Everywhere All At Once”, novità  rispetto agli EP precedenti,  sono la quiete malinconica e disorientante prima della tempesta, un continuo cambio di marcia dove l’aria da elettrica e drogata (“Gelatin Mode”), si fa più glitterata e pop con “Tire Eyes”, “Ralphie” e “Heart Made of Metal”,  con il finale di quest’ultima che subitaneo riporta ancora una volta ad atmosfere più rarefatte ed oniriche (“Castle”) per  farsi più funky e quasi danzereccia con “Special Moment”, quindi  coriacea e sinistra con le chiassose ed aggressive chitarre prog di “Victory Lap: Danger Zone”; saliscendi che prosegue con la pigra e psichedelica “One Thing” per riprendere immediatamente a martellare cupo e frenetico con “Dirtpicker” e chiudere, leggiadro ed arioso, con la ballad rock  “Susie”.

Un susseguirsi di climax e momenti meditativi, un’avventura vorticosa e colorata da sole e lampi, inaspettato, variopinto e contagioso, un po’ Tame Impala, un po’ King Gizzard & the Lizard Wizard, un po’ Mac DeMarco  che sarebbe un colpevole errore lasciare per strada in attesa comunque della messa in prova più stuzzicante, quella performance live al momento    esclusivo appannaggio  di diverse date sparse per gli States.

Oh Yeah.