I Polyphia vengono da Dallas (Texas) e hanno iniziato giovanissimi con un EP (“Inspire”) dove mettevano in mostra una tecnica e un’abilità  compositiva ben superiore alla loro età  in brani che erano e ancora sono in buona parte strumentali. Assoli grintosi, riff brucianti e un’intesa quasi perfetta tra i chitarristi Timothy Henson e Scott LePage, punti fermi in una line up dove si sono alternati musicisti di gran talento, hanno fatto diventare i Polyphia uno dei gruppi di punta di quella scena molto americana in bilico tra metal e prog che ha partorito gruppi come Chon, Covet, All Shall Perish.

Le influenze dei Polyphia però vanno oltre i confini del metal così ben omaggiato nell’ottimo album d’esordio “Muse”. Già  col secondo disco “Renaissance” i ragazzi di Dallas avevano fatto capire di che pasta erano fatti, sperimentando con ritmi sincopati ispirati all’ascolto di hip hop, trap e EDM. Un modo per differenziarsi e abbattere confini musicali all’insegna della contaminazione che caratterizza anche “New Levels New Devils”. A Henson e LePage si sono aggiunti nel tempo il bassista Clay Gober e il batterista Clay Aeschliman rendendo ancora più complesso il sound dei Polyphia che ora non è solo fatto di riff killer (quelli di “Saucy” “Bad” o “O.D.” ad esempio) ma anche di tanta melodia.

Ci sono momenti quasi pop in questo terzo album come “So Strange” insieme al genietto del sintetizzatore sperimentale Cuco o “Rich Kids” con Yvette Young. “New Levels New Devils” è un disco moderno e i Polyphia sono il presente e anche il futuro del metal virtuoso che sa reinventare se stesso, senza paura di osare.