Tornano gli UNKLE di James Lavelle col secondo capitolo della trilogia “The Road” che prosegue il percorso iniziato con “Part 1” nel 2017. Settimo album per una delle band più rappresentative della musica elettronica britannica, che ha cambiato più volte pelle e stile dagli anni novanta ad oggi. Lavelle è l’unico membro permanente, solo punto fermo in una line up in continua evoluzione e mai uguale a se stessa, arricchita da un infinito numero di collaboratori in studio e dal vivo (Thom Yorke, Josh Homme, Robert Del Naja, Mike D, il compianto Mark Hollis solo per citarne alcuni).

James Lavelle ha definito “The Road Part II / Lost Highway” un mixtape più che un album vero e proprio, una serie di brani legati tra loro e collegati da brevi e brevissimi intermezzi musicali da ascoltare in macchina durante un lungo viaggio. Lungo il viaggio lo è davvero: un disco doppio che contiene un’ ora e venti di musica avventurosa e ben arrangiata con suoni che spaziano dal rock alla psichedelia all’elettronica cupa e ritmata a momenti più introspettivi solo piano e voce.

Molti dei collaboratori che avevano accompagnato Lavelle nel primo capitolo trovano spazio anche in questi ventidue brani: Mark Lanegan nella dolente “Requiem (When You Talk Love)”, Dhani Harrison, Twiggy Ramirez, Keaton Henson, Elliott Power, l’immancabile Liela Moss dei The Duke Spirit che ora fa parte anche dell’incarnazione live degli UNKLE nata nel 2016.

New entry di rilievo quelle di Mick Jones dei Clash in “Kubrick”, Ian Astbury dei The Cult in “Crucifixion / A Prophet”, Tom Smith degli Editors in “The Other Side” mentre l’arrangiatore Wil Malone occupa il ruolo che era stato di DJ Shadow tanti anni fa dosando sapientemente suoni e emozioni in “Only You”. Intense anche le due cover proposte, quella di “The First Time Ever I Saw Your Face” di Roberta Flack e “Touch Me” di Rui Da Silva cantate da Henson e dalla Moss.

Colpisce ancora una volta come James Lavelle riesca a creare il proprio mondo sonoro fondendo insieme tante voci diverse che si intrecciano senza virtuosismi. Tutte al servizio di un album che pur non rinunciando ai suoi tempi morti è più incisivo rispetto al precedente e fa ben sperare per la conclusione della storia. Non resta che aspettare il terzo capitolo di un progetto finora riuscito, tra i più interessanti pubblicati in ambito elettronico nell’ultimo periodo (insieme forse alla serie “Drift” degli Underworld).

Credit foto: Victor Frankowski [CC BY 2.0]