I King Nun sono una giovane band londinese che si sta facendo rapidamente strada nella scena indie-rock. La loro carriera comincia nel 2016 con l’uscita del primo singolo,”Tulip“, che accende i riflettori su di loro e gli permette di firmare un contratto con la Dirty Hit, etichetta discografica di artisti come Wolf Alice, The 1975 e The Japanese House. Dopo aver calcato i palchi di festival come il Truck, il Reading e il Leeds, il 4 ottobre di quest’anno hanno finalmente pubblicato il loro primo LP, “Mass”.
Qualche ora prima della loro esibizione sul palco del Fabrique come supporter nel tour europeo dei The Struts (di cui abbiamo scritto il live report) ho fatto quattro chiacchiere con Theo Polyzoides, il cantante della band. Lo incontro in un bar proprio di fronte al locale. Theo si dimostra da subito un ragazzo spigliato ed entusiasta, sembra davvero felice e curioso di rispondere alle domande che sto per porgli, e soprattutto di farlo mentre beve del buon cappuccino italiano.

Ciao Theo! Mi piacerebbe ripercorrere con te il percorso che ha portato la band fino a qui, oggi.

Ciao! Sì, certo.

Partiamo dal principio, come vi siete conosciuti?

Ci siamo conosciuti a scuola, eravamo tutti molto determinati a far parte di una band, quindi non è stato poi tanto casuale. Da quando ho saputo che il nostro chitarrista (James) suonava ho cercato di avvicinarmi a lui più possibile, nello stesso modo ho conosciuto anche il bassista (Nathan) e il batterista (Caius). Penso che quattro persone veramente determinate a fare musica, qualunque cosa facciano, finiscano inevitabilmente per gravitarsi attorno.

Quando avete formato la band avevate gusti musicali simili? Quali sono le vostre influenze?

Sì! All’inizio eravamo tutti molto fan del rock classico, come i Led Zeppelin, quel tipo di musica. Poi ci siamo avvicinati al punk americano e questo ha cambiato tutto, abbiamo cominciato ad ascoltare tutti quel genere quando eravamo già  una band, ha cambiato il nostro modo di fare musica. Quindi sì, queste sono le nostre due influenze principali.

Avete cominciato a suonare per puro divertimento o eravate da subito intenzionati a trasformare questa passione in un lavoro?

Ho sempre voluto far parte della “miglior band del mondo”. Non si tratta di fama o roba simile, è solo che amiamo troppo fare musica e vorremmo che tutti la sentissero. Quando cominci a creare la tua musica il tuo obiettivo diventa quello di farla ascoltare a più persone possibile, quindi ora è la mia missione.

Toglimi una curiosità , in quale era musicale del passato avresti voluto vivere?

Oh, wow! Credo che il problema di questi tempi sia che lo streaming online rende difficile guadagnare, e dover mettere su internet ogni cosa che fai è difficile, quindi sceglierei ogni epoca prima di internet. Credo che la più vicina siano i primi anni ’90.


Voi venite da Londra, immagino lì ci siano tante giovani rock band determinate ad avere successo. è stato difficile per voi farsi spazio nella selvaggia giungla dell’industria musicale?

No, non per noi. è stato davvero semplice. Inizialmente facevamo fatica a esibirci dal vivo perchè eravamo davvero giovani, quindi non ci facevano suonare nei locali. Quindi il nostro manager ha ascoltato la nostra musica, ha trovato il modo di farci suonare live e poi tramite lui abbiamo firmato con un’etichetta discografica. è successo tutto molto velocemente e abbiamo lavorato con persone davvero adorabili. Quindi non abbiamo avuto nessuna brutta esperienza.

Quando avete capito che stavate facendo un buon lavoro e stavate realizzando i vostri sogni?

Uhm, ci sono molte cose. Credo che avere in mano una tua registrazione è fantastico, perchè c’è dentro molto lavoro anche di persone fuori dalla band. E poi aprire il concerto dei Foo Fighters quest’anno, abbiamo suonato davanti a tipo 50.000 persone, è stato piuttosto forte, abbastanza fuori di testa. Cioè, ci sono tantissime piccole cose ogni volta, non c’è un momento in cui non sia grato.

Avete mai pensato “dobbiamo lasciar perdere, non ce la faremo mai”?

Non so fare nient’altro.

[Rido] Hai solo un’opzione, insomma.

Sì! Cioè, se la musica mi rende frustrato io scrivo altra musica per calmarmi!

Sono passati 3 anni dalla pubblicazione del vostro primo singolo, Tulip. Cos’è cambiato in te da allora? Ti senti una persona diversa?

Ero più arrabbiato prima e credo che questo influenzasse la mia musica. Ora so come mandare un messaggio più chiaro. Vado più dritto al punto, in modo più preciso, so come controllare le emozioni e incanalarle nella giusta direzione, musicalmente.

So che ci sei tu dietro i testi delle canzoni. Nel scrivere quelli di “Mass” ti sei basato sulla tua vita personale o riguardavano situazioni esterne a te?

Di solito mi piace creare storie, c’entrano sempre un po’ con qualcosa di reale, ma invento cose che possano mandare un certo messaggio. Questa volta che abbiamo cominciato a creare l’album molto velocemente, non sapevo bene di cosa scrivere, quindi ho cominciato a scrivere di me per la prima volta. è molto più autobiografico di qualsiasi altra cosa fatta precedentemente.

Vi ho visti interagire in alcuni video insieme e vi ho trovati davvero divertenti e affiatati. Mi sono chiesta quale fosse il ricordo più bello insieme.

Ogni ricordo insieme è fantastico. Per dire, la prima volta che ho incontrato il nostro batterista abbiamo portato una vasca da bagno fuori da casa mia e le abbiamo dato fuoco, cominciando a ballarle attorno. Quello si che è un bel modo per conoscere qualcuno. Non lo so, eravamo giovani, stavamo bevendo e ci stavamo divertendo.
è stata una grande avventura fin dall’inizio, abbiamo passato così tante cose insieme, belle e brutte. Ci sono tantissime cose.
Probabilmente il mio ricordo più recente è quando siamo andati nell’appartamento di Caius, il nostro batterista, e abbiamo ascoltato l’album per la prima volta. Eravamo tutti così felici di quello che avevamo fatto. Per la prima volta in 5 anni eravamo rimasti tutti in silenzio, è stato fantastico.

Oggi è l’ultimo giorno del vostro tour europeo con i The Struts, com’è andata?

è stato incredibile. Amo l’Europa, tutta, tantissimo! La cura e l’attenzione che le strutture ci hanno riservato è incredibile. A Londra le venues sono sicuramente più fredde con gli artisti, molte stanno chiudendo purtroppo. Quando veniamo in Europa c’è molto cura, il pubblico è sempre così entusiasta, è davvero tutto meraviglioso.

Grazie per l’intervista Theo. Come augurio personale da parte mia e ultima domanda ti chiedo: qual è il palco dei vostri sogni?

Grazie! Beh, il Glastonbury sarebbe fantastico. Quando ho parlato ai miei genitori di questo lavoro loro mi hanno chiesto: “Ok, e quando suoni al Glastonbury?”, è un festival molto importante in Inghilterra. Speriamo accada, lo spero tanto.

Allora, quando sarete sul palco del Glastonbury urlerai: “Ciao mamma, ciao papà !”

Sì, sarà  decisamente fantastico.

Credit Foto: Eva Boursier