Giusto due anni fa i The Orielles erano usciti con il loro primo album, quel “Silver Dollar Moment” che si fece applaudire per melodie leggiadre e armonie delle più frizzanti.

I ragazzi di Halifax nel mentre hanno trovato il modo di prendere maggior sicurezza in loro stessi, affinare le abilità , allargare il tiro sonoro, provare a spingersi ancora più in alto: difatti, “Disco Volador”, uscito ancora per la Heavenly ed ancora con la nostra Marta Salogni in cabina di produzione, mette subito in mostra paraboliche sonore, cambi di registro, quintessenze funky ed esotiche che strizzano l’occhio alla disco anni ’70 come alla lounge più squisitamente anni ’90. Il tutto però ancora a braccetto con le melodie semplici ed effervescenti di Esme Dee Hand Halford, a non snaturare quel brio intrinseco che li aveva fatti apprezzare all’esordio.

Il rischio, però, allargando lo spettro sonico, tra percussioni, cowbell e chitarre funky, tastiere atmosferiche e tocchi di synth, è quello di cadere inesorabilmente nel dejà -senti, o di perdere qualcosa in termini di peculiare tratto distintivo: rischio che si presenta e che forse si fa davvero poco per evitare. Col risultato di ricordare, ai secondi ascolti, una sorta di Stereolab depotenziati. E, va de sè, meno ispirati.

The Orielles hanno gusto, non si può nascondere, e hanno pure talento: peraltro, il quoziente zuccherino e di intrattenimento non manca di certo, e lasciare in fondo al lotto il pezzo forse più interessante (quella “Space Samba” dall’incedere magnetico, argentino e funky) non so quanto possa essere stata una mossa che paghi. La loro musica riesce a fluttuare e un attimo dopo a scivolare fluida: certo è che per quanto portatori di groove, gli possiamo augurare di finire negli altoparlanti di qualche bar lungomare durante i tramonti dell’estate a venire, come di riempire la cubatura di qualche dancehall nelle serate più spensierate. Ma scommettere che, sul breve periodo, possa essere davvero così pare davvero ottimistico.