Di Ozzy Osbourne si è scritto e detto tutto e il contrario di tutto nel corso di più di cinquant’anni di onoratissima carriera. Un personaggio davvero unico, di fronte al quale è impossibile restare indifferenti. Nato e cresciuto a Birmingham, uno dei principali centri industriali dell’Inghilterra del secondo dopoguerra, ha vissuto prima nella miseria della classe operaia, poi nella bambagia delle rockstar. La velocità  con cui passò da una sfilza infinita di mestieri umili e malpagati al successo internazionale con i leggendari Black Sabbath lasciò il segno nella psiche di un giovane tanto determinato quanto fragile.

Già  ampiamente avvezzo al consumo di bevande alcoliche il povero Ozzy, cedendo al fascino oscuro della fama, finì per farsi travolgere da un vortice di eccessi. Le droghe lo portarono a imboccare un sentiero di autodistruzione apparentemente senza uscita, sino a trasformarlo in una larva umana inaffidabile e priva di stimoli. Senza troppi scrupoli i suoi compagni di band, che pure non erano degli angioletti, lo cacciarono via nel 1979, condannandolo a un futuro da relitto del rock.

All’epoca nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla rinascita artistica di un frontman così malridotto. Furono il manager Don Arden e sua figlia Sharon, futura signora Osbourne, a rimetterlo in piedi ““ letteralmente ““ e a dargli la possibilità  di guidare un nuovo gruppo di formidabili musicisti: i Blizzard of Ozz. Grazie ai preziosissimi contributi del chitarrista Randy Rhoads, del bassista Bob Daisley, del tastierista Don Airey e del batterista Lee Kerslake, l’ormai ex cantante dei Black Sabbath riuscì a compiere un vero e proprio miracolo: tornare in carreggiata con un album entrato di diritto nella storia dell’heavy metal.

Il titolo potrebbe trarre in inganno, ma questo disco è da considerarsi a tutti gli effetti l’esordio solista di Ozzy Osbourne. Per volontà  dei suoi astuti impresari, infatti, il ruolo dei collaboratori venne quasi subito ridimensionato: non più soci di pari livello ma semplici comprimari. Peccato, perchè se a distanza di quattro decenni tondi tondi dalla sua pubblicazione “Blizzard of Ozz” è ancora tanto amato dal pubblico lo deve anche ““ se non soprattutto ““ al talento di chi queste canzoni le ha suonate, oltre ad averle scritte.

Impossibile in questo senso non spendere due parole per il gigantesco Randy Rhoads, un prodigio della sei corde scomparso nel 1982 ad appena venticinque anni in un assurdo incidente aereo avvenuto nel corso di un tour statunitense. Le nove tracce qui incluse, insieme a quelle del successivo “Diary of a Madman”, rappresentano il testamento di un genio incredibile e rivoluzionario.

Un mostro di tecnica e gusto che ci ha regalato alcune tra le pagine più belle e iconiche del metal: dai riff al fulmicotone di “Crazy Train”, “Suicide Solution” e “I Don’t Know” allo straripante assolo di “Mr. Crowley” ““ di cui, tra le altre cose, è notissimo anche il maestoso incipit di tastiere di Don Airey, oggi degno sostituto di Jon Lord nei Deep Purple.

Con questo naturalmente non si vuole mettere in secondo piano il ruolo del protagonista del lavoro, ovvero il risorto Ozzy Osbourne. Come un Lazzaro dell’heavy metal, nel 1980 il cantante britannico si alzò e tornò a camminare, allontanandosi una volta per tutte dal sound duro e cupo coltivato nel decennio trascorso alla guida dei Black Sabbath. Le sonorità  di “Blizzard of Ozz” sono infatti meno spesse e lugubri di quelle tanto care a Tony Iommi.

Siamo dalle parti di un hard rock dal forte appeal radiofonico ma non per questo banale: a fare da motore ai brani sono melodie accattivanti ma decisamente orecchiabili, come quelle di “Steal Away (The Night)” o della dolcissima ballad “Goodbye To Romance” – così commovente da far venire un groppo in gola. Sotto le chitarre elettriche c’è quel pizzico di pop beatlesiano da sempre amatissimo da Ozzy. Non mancano tuttavia soluzioni più complesse e articolate che sembrano legate a doppio filo con il progressive (“Revelation (Mother Earth)”) e persino con la musica classica (“Dee”, brevissima traccia strumentale con un favoloso Randy Rhoads in versione acustica). Non aggiungo altro: ascoltate e godetene tutti.

Ozzy Osbourne ““ “Blizzard of Ozz”
Data di pubblicazione: 20 settembre 1980
Tracce: 9
Lunghezza: 39:31
Etichetta: Jet Records
Produttori: Ozzy Osbourne, Randy Rhoads, Bob Daisley, Lee Kerslake

Tracklist:
1. I Don’t Know
2. Crazy Train
3. Goodbye To Romance
4. Dee
5. Suicide Solution
6. Mr. Crowley
7. No Bone Movies
8. Revelation (Mother Earth)
9. Steal Away (The Night)