è sempre un piacere ascoltare qualcosa di nuovo dei Motorpsycho, uno dei pochi gruppi ancora in grado di sfruttare appieno il potenziale del formato full-length. Per il trio norvegese l’album non può e non deve essere una semplice raccolta di canzoni da skippare liberamente, facendo lo slalom tra i tanti riempitivi e i pochi pezzi forti.

Quella che ci viene proposta con il nuovo “The All Is One” – capitolo finale di una trilogia iniziata nel 2017 con “The Tower”, proseguita nel 2019 con “The Crucible” e contraddistinta dalle suggestive copertine disegnate da Hà¥kon Gullvà¥g ““ è un’esperienza sensoriale totale, nella quale immergersi senza cedere a distrazioni. Non è che sia proprio un gioco da ragazzi, considerando la durata monstre dell’opera: sono ottantaquattro minuti di raffinatissimo progressive rock d’alta scuola, dal gusto antico ma dalla resa ultra-moderna.

Vi invito tuttavia a non spaventarvi: prendetevi un pomeriggio libero, recuperate le vostre cuffie migliori e lasciatevi trasportare da un incredibile viaggio sonoro; magari un pizzico barocco, sicuramente eccessivo come solitamente richiede il genere, ma appagante sotto ogni punto di vista.

Con i piedi ben saldi nelle sonorità  tipiche degli anni ’70, i Motorpsycho ci guidano in un lungo itinerario che parte con la solare psichedelia della title track per continuare poi con l’incedere martellante di “The Same Old Rock (One Must Imagine Sisyphus Happy)” e il sapore acido di “The Magpie”, sontuosa nel suo unire quiete parentesi sognanti e furiose scorribande nella fusion più rockeggiante.

La dolcissima “Delusion (The Reign Of Humbug)” fa da antipasto a quella che probabilmente è la composizione più ambiziosa mai registrata dalla band di Trondheim: un’imponente suite di quaranta minuti intitolata “N.O.X.”. La gargantuesca parte centrale di “The All Is One”, suddivisa in cinque movimenti, rappresenta il fulcro di un lavoro talmente ricco di suoni da non conoscere confini: è come se all’interno del disco ci fosse un altro disco, caratterizzato da una vena ancor più progressive e incentrato sul lato “jammistico” dei Motorpsycho (perdonate la parola orrenda, ma non ho trovato nulla di meglio).

Al termine di questo vorticoso trip onirico veniamo adagiati con delicatezza tra le braccia acustiche della strumentale “A Little Light”, cui fanno seguito due tracce dai toni squisitamente limpidi: “Dreams Of Fancy” e “The Dowser”, chiare e pulite come le acque dei fiordi della natia Norvegia. La conclusiva “Like Chrome”, quasi volendoci ritrasportare verso i lidi leggermente più heavy di “N.O.X.”, fa affidamento su una serie di fantasmagorici riff per tenere alta l’attenzione. E, inutile dirlo, ci riesce: quest’oretta abbondante di ottimo progressive rock è volata via.

Credit Foto: Geir Mogen