Quattro anni possono essere molto lunghi. Tanti ne sono passati da “Take Her Up To Monto” ultimo album di Róisín Murphy, indomita ex voce dei Moloko che nel frattempo ha pubblicato singoli e collaborato con altri artisti (ricordiamo anche la serie di quattro brani in vinile / digitale realizzati nel 2018 insieme a Maurice Fulton). Acqua passata ormai sembrano le stravaganti e riuscite sperimentazioni sonore, il presente dell’artista irlandese è fatto di ritmi ben più sfrenati e spensierati.

L’ennesima trasformazione estetica e musicale a suon di disco e elettronica prodotta dal fido DJ Parrot, con dancefloor deserti che tornano metaforicamente a popolarsi di persone. Róisín Murphy, novella Donna Summer, sfodera la voce di velluto già  nell’allusiva “Simulation” che farebbe invidia ai Frankie Goes To Hollywood: ben otto minuti e mezzo di tastiere ammiccanti e morbide melodie. L’elettronica domina invece la successiva “Kingdom Of Ends” (dedicata a Mark Fisher) che insieme a “Something More” e “Murphy’s Law” si ferma a sei / sette minuti, lunghezze coraggiose che avrebbero incuriosito Trevor Horn.

Il meglio però la Murphy lo dà  in brani più concisi come “Shellfish Mademoiselle” e “Incapable” o quelli di durata media come l’incalzante “We Got Together”, “Game Changer”, “Narcissus” e l’arrembante “Jealousy” in cui musica e voce vanno di pari passo. “Róisà­n Machine” è un dichiarato e intenso omaggio alla vita notturna, al divertimento e a quei sudati assembramenti bordo pista che al giorno d’oggi sono impossibili. Una macchina ben oliata che mette in risalto le caratteristiche da intrattenitrice e stella del palcoscenico che Róisín Murphy ha sempre avuto e di cui fa buon uso in un disco che probabilmente avrebbe voluto e dovuto fare fin dai tempi di “Sing It Back”.