Mai come in questo particolarissimo periodo ho avuto modo di apprezzare album che trasmettessero buon umore e che, nella loro durata, mi potessero regalare una energica brezza da respirare in queste nuove ed “anomale” giornate autunnali.

Ebbene, siamo stati fortunati perchè lo scorso 16 ottobre la compagine britannica degli Struts, ha pubblicato questo terzo lavoro in studio dotato proprio di quell’allegria, di quel sound catchy intriso di tanto glam rock che di sicuro farà  scappare bei sorrisi. Basti pensare al singolone “Strange Days” caratterizzato dall’improbabile duetto con l’icona pop Robbie Williams che però funziona a meraviglia.

I ragazzi di Derby, formati dal frontman Luke Spiller (voce), da Adam Slack (chitarra), da Jed Elliott (basso) e da Gethin Davies (batteria), hanno nel proprio dna quel rock di tipico stampo made in USA ed infatti questa nuova fatica – che fa seguito a “EverybodyWants” del 2016 e “Young & Dangerous” del 2018 – è stata registrata in soli dieci giorni nella casa di Jon Levine a Los Angeles (vecchia conoscenza della band proprio ai tempi del citato “Young & Dangerous”) mentre il missaggio è stato curato da Claudius Mittendorfer (Panic! At the Disco, Arctic Monkeys, Johnny Marr degli Smiths).

L’intero album è una esplosiva miscela di glam-garage rock colorato ed euforico che si “appiccica addosso” (avete presente il fenomeno del “earworm”) senza mai mollarti fino al termine della closing track, nel merito scelta in “Am I Talking to the Champagne (Or Talking To You)” con la quale la band del derbyshire ha però virato su un sound differente rispetto al resto del disco e che ricorda qualcosa degli INXS con quel sax prorompente e la solita voce grintosa di Spiller a dettare le note.

In realtà , nel disco sono presenti altre importanti influenze sorrette da altrettante illustri collaborazioni come quella del dott. Tom Morello che fornisce la sua tipica chitarrona su una base blues dal finale elettrizzante in “Wild Child” mentre nel singolo apripista (rilasciato ad agosto) il chitarrista degli Strokes, Albert Hammond Jr, ha prestato la sua opera in “Another Hit of Showmanship” donandole una verve proprio di chiara impronta Strokes

E così mentre in “I Hate How Much I Want You” fanno ingresso gli amici Def Leppard con le altre pesanti chitarre di Phil Collen che insieme a quelle di  Slack completano il duetto di Joe Elliott e Spiller, le note in apertura di “Can’t Sleep” fanno venire in mente quella “Are You Gonna Be My Girl” degli australiani Jet per un travolgente ed incalzante ballo fuori pista. I toni vengono giusto smorzati nella graziosa ballata “Burn It Down” con un sound che riporta alla memoria un po’ di “Sister Luck” dei Black Crows, giusto a rimarcare il timbro statunitense della band, laddove in “Do You Love Me” il gruppo si concede alla fedele rappresentazione della nota cover del 1976 targata Kiss.

Un album completo che funziona davvero bene e che sopra un palco (quando si potrà ) suonerà  ancora meglio – come peraltro testimoniano gli opening act di gruppi quali Rolling Stones, The Who e Guns N’ Roses  nonchè supporter degli ultimi concerti dei Mötley Crà¼e – anche grazie all’indubbio carisma del frontman, come si dice, un vero animale da palcoscenico.

Pertanto, in attesa di vederli dal vivo qui nel Bel Paese (annunciata la loro presenza agli I-DAYS Milano il 21 giugno 2021 insieme ad Aerosmith e Rival Sons) godiamoci questo esuberante e raggiante spettacolo glamour che sono sicuro contribuirà  ad allietare le vostre giornate.

Photo credit: Beth Saravo