1981. “Killers” conferma il potenziale esplosivo degli Iron Maiden, sin dall’epica ed eroica  “The Ides Of March”, una intro strumentale nella quale batteria e chitarre si muovono, fluide ed appassionate, verso il robusto giro di basso di “Wrathchild”, canzone nella quale fa la sua comparsa la voce calda, rauca e blueseggiante di Paul Di’Anno, il primo vocalist della Vergine di Ferro.   La band inglese tesse le trame di un mondo nel quale regnano soprattutto rabbia, violenza e sopraffazione, nel quale l’heavy-metal è purezza e salvezza, mentre la tensione si fa sempre più opprimente e le atmosfere del celebre racconto di Edgar Allan Poe, a cui si ispira la successiva “Murders In The Rue Morgue”, diventano un vero e proprio incubo ad occhi aperti: il sangue, la morte, la fuga, il bisogno di distinguere la realtà  da ciò che è frutto della nostra immaginazione malata.

Intanto dentro di noi risuonano voci strane ed inquietanti, voci che ci spronano a trovare un’altra strada, un’altra vita, prima di ritrovarci ad incrociare il nostro cammino con un altro leggendario brano strumentale, dedicato al celebre condottiero mongolo Genghis Khan. Le chitarre accellerano, sentiamo il sapore ed il profumo della prossima battaglia, il rumore delle armi, le urla dei soldati, i lamenti delle vittime. Il momento fatidico è giunto, ecco, dunque, l’ora degli assassini; “Killers” mescola la potenza e la velocità  del metallo con le ambientazioni cinematografiche ed oscure dell’horror rock, senza disdegnare un’irruenza e una ferocia che ricordano il punk più brutale e viscerale. Dinanzi ai nostri occhi increduli la scena si fa caotica e selvaggia, assistiamo ad una cavalcata malefica e liberatoria di suoni e di colori che diventano via via più vividi ed accesi ed Eddie, ritratto sull’ormai mitica copertina dell’album, sembra prendere davvero vita e fissarci in modo sinistro.

Gli Iron Maiden trovano, comunque, anche il tempo di concederci una ballata più morbida, “Prodigal Son”, nella quale mescolano la loro irruenta energia giovanile con elementi e strutture che richiamano il progressive-rock più riflessivo e maturo; è il loro tentativo di esorcizzare il male diabolico che vuole impossessarsi delle nostre anime, spingendole sempre più verso la pazzia. Ed ecco, infatti, che con “Purgatory” le ritmiche tornano ad essere nuovamente martellanti e decise; il diavolo è qui ed ha deciso di portarci via con sè, l’unica cosa che possiamo fare è stringerci l’uno accanto all’altro, incoraggiarci, coinvolgere chi ci sta davanti, far sì che l’atto finale del disco, “Drifter”, sia una mano tesa al proprio pubblico, l’invito ad unirsi alla band, a seguire il suo cammino futuro, un cammino che, per tutti gli anni Ottanta, sarà  luminoso e ricco di soddisfazioni. Un cammino, però, che, ben presto, porterà  all’estromissione di Paul Di’Anno ed all’arrivo di un altro talentuoso vocalist, Bruce Dickinson.

Pubblicazione: 2 febbraio 1981
Durata: 38:18
Dischi: 1
Tracce: 10
Genere: Heavy-Metal
Etichetta: EMI Records
Produttore: Martin “Headmaster” Birch
Registrazione: 1980

Tracklist:
1. The Idles Of Marck
2. Wrathchild
3. Murders In The Rue Morgue
4. Another Life
5. Genghis Khan
6. Innocent Exile
7. Killers
8. Prodigal Son
9. Purgatory
10. Drifter