Nella storia di ogni grande band c’è sempre un passaggio fondamentale, una chiave di volta e “Black Celebration” è una di quelle, una autentica ed indiscutibile pietra miliare che ha segnato il percorso futuro ma che ha lasciato alle spalle un passato solido dei Depeche Mode, uno dei più influenti gruppi della storia della musica, e non solo di quella elettronica. Nessun artista/band potrà  mai replicare quanto fatto fino ad oggi dai DM, una pop band perfetta che ha saputo mantenere la sua inconfondibile “moda”, sperimentazioni dopo sperimentazioni.   Come non dare ragione al carismatico e potente Dave Gahan quando affermò: “Penso non ci sia nulla di simile ai Depeche Mode”.

Il successo commerciale di “Some Great Reward” non aveva impedito ai ragazzi di Basildon di ricercare ancora nuove strade maestre, di livello ancora superiore, fregandosene dell’appena raggiunto seguito mainstream guidato dalle hits “People Are People” e “Master and Servant”. Nel frattempo, il genio di Martin Gore, aveva partorito un’infinità  di demo che tuttavia pare non trovarono inizialmente il consenso sperato nella cerchia ristretta della band perchè considerati troppo cupi e poco commerciali, dove mancavano dei veri e propri singoli che potessero bissare il recente successo oramai raggiunto e consascrato. Probabilmente, fu proprio questo l’episodio che portò alla successiva creazione del capolavoro “Black Celebration”.

Difatti, il mancato apprezzamento per i suoi lavori spinse Martin a ritirarsi in una specie di esilio creativo in un paesino vicino ad Amburgo fino a quando nel novembre del 1985 si riunì insieme al gruppo ed ai produttori Daniel Miller (fondatore della Mute Records) e Gareth Jones, con Alan Wilder sempre più presente nella regia del sound, nei Westside Studios di Londra per iniziare a lavorare sul nuovo album utilizzando, per la prima volta, un mixer a 48 tracce. Iniziava man mano a prendere forma il lavoro più dark e complesso dei DM, una sorta di concept album per via della particolare atmosfera e del cordone ombelicale che lega ogni singolo brano, un disco che alla fine riuscì a vendere più copie di ogni precedente dei DM.

“Black Celebration” rappresenta di sicuro il momento fondante della carriera discografica dei DM e soprattutto nuova, sia per la natura tagliente e claustrofobica che ruota intorno alla nuova fatica e sia per il nuovo “impiego” di Martin che successe a Vince Clarke in veste di paroliere caratterizzando, di fatto, i territori segnati dai testi con la sua penna inquieta, mesta. Peraltro, fu proprio in “Black Celebration” che Gore sottrae per ben quattro molte lo scettro canoro a Dave; d’altronde nelle ballate soft e dall’andamento spesso etereo la voce di Martin è sempre ficcante e soave come accade, in primis, nell’incantevole “Sometimes” che rappresenta una specie di reprise del successo “Sombody” di “Some Great Reward”; ma anche nella lenta ma allo stesso tempo quasi catchy “Question Of Lust” e poi, ancora, come nell’altra ariosa ballata a tinte industrial “It Doesn’t Matter Two” e, infine, nella lamentosa e malinconica “World Full of Nothing”, che completano le esibizioni soliste di Gore.

Ma il volto drammatico e denso dell’album debutta con “Stripped”, primo singolo che getta le prime avvisaglie del lato oscuro intrapreso dalla band la quale delizia l’udito con una giostra di suoni elaborati e ricercati quanto semplici e geniali.   Il ritmo di”Stripped”, ad esempio, non è altro che una moto che gira a vuoto suonata mezza ottava più bassa e accompagnata dal campionamento dell’accensione della Porche di Dave. Legata a “Stripped”, la passionale “But Not Tonight”, scritta sempre da Gore e inserita nella versione americana con tanto di video promozionale del (passabile) film “Modern Girls” del 1986 diretto Jerry Kramer,  con Virginia Madsen, Daphne Zuniga e Cynthia Gibb.

In realtà , il titolo dell’album non si riferisce a strane oppure oscure “celebrazioni” ma si incentra sulla descrizione del vivere quotidiano, quello dai risvolti pessimistici e di rassegnazione per una vita piatta e senza futuro. Nella title track d’apertura tra atmosfere lugubri e battute di synth si legge, infatti “To celebrate the fact/That we’ve seen the back/Of another black day” mentre il ritmo si eleva opaco ed incalzante non appena terminati i due minuti iniziali e dove trova spazio, tra le note, la voce distorta di Miller che pronuncia “A brief period of rejoicing”, citazione tratta dal discorso di Wiston Churchill dell’8 maggio 1945 con riferimento alla resa della Germania.

Anche la successiva e spettacolare “Fly On The Windscreen” ““ che inizialmente, se non fosse stato pare per il decisivo e fortunato intervento di Wilder, doveva essere pubblicata come b-side di “It’s Called A Heart” ““ non si allontana dal climax soffocante e nichilista (“Death is everywhere/There are lambs for the slaughter/Waiting to die”…”) che, a onor del vero, nasconde la solita visione “consolatoria” dell’amore di Gore che viene riproposta, tuttavia, in una “stanza” più sensuale ed intima nella bellissima “Here Is the House” (“And I feel your warmth/And it feels like home”…”), una delle migliori del capolavoro dei DM e che vede pure un meraviglioso duetto di Gahan e Gore in stato di grazia.

Ci pensa in qualche modo il terzo singolo “A Question of Time” a spezzare il pattern dark insieme alla voce imponente e affascinante di Dave che sorregge un frenetico mood synth-pop. Altro brano fondamentale che ha sancito l’inizio di una intensa e strutturale quanto rispettosissima collaborazione con il fotografo olandese, il maestro Anton Corbijn, il quale diresse il primo video insieme alla band dell’Essex.

In fondo all’esperienza dell’album si posano, almeno nella versione standard, una coppia di altre oscure sonorità  formate da “Dressed In Black” con suo incedere gothic e “New Dress” con i suoi colpi “politici” di drum machine, che possono solo aggiungere un ulteriore sigillo d’autore ad una delle più importanti opere musicali degli ultimi trentacinque anni.

“Black Celebration” è “un” capolavoro dei Depeche Mode e, a parere dello scrivente,   fu solo un punto di partenza per la loro futura, attuale ed incontrovertibile magnificenza.

Data di pubblicazione: 17 marzo 1986
Tracce: 11
Lunghezza: 45:27
Etichetta: Mute Records
Produttore: Depeche Mode, Daniel Miller, Gareth Jones

Tracklist:
1. Black Celebration
2. Fly on the Windscreen – Final
3. A Question of Lust
4. Sometimes
5. It Doesn’t Matter Two
6. A Question of Time
7. Stripped
8. Here Is the House
9. World Full of Nothing
10. Dressed in Black
11. New Dress
12. But Not Tonight