di Beatrice Dusi e Antonio Paolo Zucchelli

Il terzo album di Ron Gallo, “Peacemeal”, è uscito pochissimi giorni fa via New West Records a distanza di quasi due anni e mezzo dal precedente, “Stardust Birthday Party”. Il musicista di stanza a Philadelphia ha sperimentato nuovi generi come jazz, hip-hop e R&B, andando a creare un disco decisamente diverso dai suoi precedenti, ma non per questo meno interessante. Noi di Indieforbunnies.com abbiamo scambiato due chiacchiere veloci con lui via e-mail per farci raccontare maggiori dettagli sul nuovo LP e non solo. Ecco cosa ci ha detto:

Ciao Ron, come stai? Come stanno andando le cose negli Stati Uniti? Tu e tua moglie Chiara avete già  intenzione di tornare in Italia durante l’estate (in attesa che tu possa suonare di nuovo all’Hana-Bi di Marina Di Ravenna!)?
Ciao! Va tutto bene. Mi sono appena sistemato a Filadelfia e mi sento bene, sembra anche che nell’aria ci sia un po’ di speranza ed è passato molto tempo dall’ultima volta che sono riuscito a dirlo. Speriamo di venire in Italia subito a giugno e, se riusciremo a suonare all’Hana-Bi quest’estate, sarà  un sogno che si avvera.

Il tuo nuovo LP “Peacemeal” uscirà  tra pochi giorni: quando è stato scritto? Il tuo modo di scrivere è stato in qualche modo influenzato da questo folle anno?
Ho scritto molte canzoni durante l’estate 2019 quando sono stato rimandato negli Stati Uniti dall’Italia a causa di alcuni problemi con il visto. Mi sono isolato nella mia casa a Nashville e ho fatto musica senza piani o confini. Penso che il tema sia stato questo: fare quello che voglio per me stesso e sperimentare. Qualsiasi cosa che sembri autentica. Molte delle canzoni sono state scritte durante un periodo che era molto simile a livello personale a quello del lockdown, quindi c’erano dei parallelismi molto strani tra le canzoni anche prima della pandemia.

Ho letto che hai prodotto tutto il disco da solo: che tipo di esperienza è stata per te? Sei
contento del risultato?

è stato liberatorio. Mi sento come se negli ultimi due anni mi fossi ricreato da zero. Reinvenzione totale a partire dal basso, pieno di dubbi su se stessi in termini di fiducia o terreno solido e parte di questo è stato imparare a non dover fare affidamento su altre persone per realizzarlo. Ho collaborato un po’ con il produttore Ben H. Allen su una manciata di brani e anche questo è stato fantastico. Sono davvero contento di come è andata, penso che sia il modo in cui farò i miei dischi in futuro.

Nel tuo nuovo album ci sono molte nuove influenze come hip-hop, jazz, punk e R&B:
quando e perchè hai deciso di passare a nuovi generi musicali? Da dove vengono? Era
è una sorta di sfida a te stesso?

Volevo solo esplorare tutto ciò che mi piace, mi sentivo come se i primi dischi fossero solo una piccola parte di me. Avevo la mentalità  di una tabula rasa e mi chiedevo cosa mi piace in questo momento e cosa voglio fare senza considerare nulla di ciò che ho fatto prima. è stata sicuramente una sfida dimenticare praticamente tutto ciò che ho imparato finora ed entrare in nuovi mondi.

Hai detto che “Please Don’t Die” è “il tuo primo tentativo di una canzone d’amore”: cosa significa per te? Il tuo rapporto con Chiara quanto ha influenzato il tuo nuovo disco?
Ho scritto quella canzone il giorno dopo che Chiara è svenuta sul marciapiede dopo aver ricevuto una brutta notizia dall’ufficio immigrazione. Ovviamente stava bene, ma mi ha spaventato a morte e mi ha fatto concentrare davvero su pensieri che avevo già  fatto molto spesso – trovare la tua persona è una cosa bellissima, ma è anche un’arma a doppio taglio perchè avendo quell’amore ti devi anche confrontare con la realtà  che un giorno lo dovrai perdere. E in questo ho finalmente visto un angolo per scrivere una canzone d’amore. haha.

Questi tempi folli e tristi sono duri per tutti: cosa ti manca di più dal fatto di non
essere in grado di fare un tour? Quanto ti mancano l’Italia e il suo cibo?

Questo periodo mi ha reso supernostalgico, rivisitando tutti i luoghi in cui sono stato nella mia testa. Le cose più semplici che ho dato per scontate mi mancano di più. Stare semplicemente seduti fuori da qualche parte o prendere un treno o non essere in uno stato di ansia costante e ovviamente la connessione umana di suonare un concerto. Mi mancano le cose che non mi piacciono nemmeno del tour a questo punto. L’Italia è in cima alla lista e sono abbastanza sicuro che quest’estate torneremo. Ho guardato lo spettacolo “Searching for Italy” di Stanley Tucci e mi sono davvero emozionato guardando il cibo. è arrivato a quel punto.

Un’ultima domanda: puoi per favore scegliere una delle tue canzoni, vecchia o nuova, da usare come colonna sonora di questa nostra intervista?

Cosa ne dici di “Can We Still Be Friends?”

Credit Foto: Dylan Reyes