Sembravano destinati a restare in eterno delle meteore i Death From Above 1979 che nel 2006, un paio di anni dopo aver dato alle stampe l’eccellente debutto “You’re A Woman, I’m A Machine”, si erano sciolti per divergenze creative. L’inaspettata reunion nel 2011 e il ritorno in grandissimo stile con “The Physical World” nel 2014 hanno però ridato enorme slancio alla carriera dei due canadesi, oggi giustamente considerati tra i pezzi grossi della moderna scena dance-punk.

Il loro album numero quattro, opportunamente intitolato “Is 4 Lovers”, ce li ripresenta in un buon stato di forma, nonostante la formula musicale oramai più che collaudata. Questa volta l’ago della bilancia pende prepotentemente verso il lato elettronico, con una presenza più incisiva dei synth e una batteria stravolta dal massiccio impiego di trigger ed effetti di ogni genere.

L’interesse dei Death From Above 1979 per il rock più sanguigno, ballabile e coinvolgente però non è per nulla scemato. Il basso multiforme e ultra-distorto di Jesse F. Keeler continua a sorprendere, capace com’è di adempiere in totale autonomia a compiti ritmici e melodici; l’assenza della chitarra elettrica, oggi come ieri, non destabilizza in alcun modo l’ascoltatore.

Il suono di “Is 4 Lovers” riesce a essere denso e ricco di sfumature anche se ottenuto utilizzando pochi strumenti. Anzi, a dirla onestamente, a volte c’è anche qualcosa di più del necessario: alcuni brani, infatti, sembrano inutilmente carichi di elementi. Una maggior attenzione riservata ai dettagli (in primis alle sovraincisioni della voce del cantante/batterista Sebastien Grainger) soppianta definitivamente quell’antica voglia di minimalismo che, almeno ai tempi degli esordi, era una delle caratteristiche principali del duo di Toronto.

Le dieci tracce in scaletta non sono in alcun modo scarne, nè tantomeno grezze. Hanno un sound “grosso”, innaturale e pompato che funziona meravigliosamente bene nel caso delle tiratissime “Modern Guy”, “One+One”, “N.Y.C. Power Elite Part I” e “Totally Wiped Out”, strabordanti nei loro groove di malatissimo funk rock. In altri casi, però, l’esagerazione non paga: a farne le spese, anche se non in maniera determinante, sono gli episodi dal punto di vista stilistico più coraggiosi di “Is 4 Lovers”.

L’esigenza di uniformare il tutto appiana quelle dinamiche necessarie a dar respiro alle canzoni: ne risentono le nuance sintetiche di “Glass Homes”, la delicatezza della comunque bellissima “Love Letter” e l’altalena tra pieni e vuoti alla base di “Mean Streets” e “No War”. Un piccolo difetto di produzione che però non pregiudica la qualità  di un album che, quando vuole, sa farsi amare.